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I comuni che ricevono un flusso di turisti venti volte superiore al numero dei propri residenti potranno raddoppiare l’entità della tassa di soggiorno. Il parlamento ha approvato l’emendamento alla legge di Bilancio 2023 sul tema proposto dal Partito democratico, che prevede la libertà per le amministrazioni locali interessate di definire l’importo della tassa fino a un massimo di 10 euro anziché 5.
La norma
In particolare, la proposta emendativa firmata dai deputati dem Andrea Gnassi e Federico Gianassi è rivolta ai “capoluoghi di provincia che, in base all’ultima rilevazione resa disponibile da parte delle amministrazioni pubbliche competenti per la raccolta e l’elaborazione di dati statistici, abbiano avuto presenze turistiche in numero venti volte superiore a quello dei residenti”.
“I predetti comuni – si legge ancora – devono fare riferimento ai dati pubblicati dall’Istat riguardanti le presenze turistiche medie registrate nel triennio precedente all’anno in cui viene deliberato l’aumento dell’imposta. Per il triennio 2023-2025 si considera la media delle presenze turistiche del triennio 2017-2019”.
Di fatto, secondo quanto specificato a Il Sole 24 Ore dal sindaco di Novara e delegato Anci alla Finanza locale Alessandro Canelli, “il provvedimento autorizza l’incremento solo a Rimini, Venezia, Verbania, Firenze e Pisa”. La richiesta dell’associazione nazionale dei comuni è che la stessa possibilità sia garantita “anche comuni di più piccole dimensioni con un enorme flusso turistico”.
La tassa
La tassa di soggiorno è un’imposta giornaliera che grava su coloro che alloggiano nelle strutture ricettive dei comuni che la prevedono, ovvero “i comuni capoluogo di provincia, le unioni di comuni nonché i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte”, che devono istituirla con deliberazione del consiglio in maniera graduale e proporzionale al prezzo della struttura.
Gli introiti che genera possono essere destinati a finanziare unicamente interventi in materia di turismo, di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali e ambientali locali e i servizi pubblici del territorio.
Le reazioni
Se i comuni interessati sorridono, non fanno altrettanto le associazioni degli albergatori. In una nota, Confindustria Alberghi sottolinea infatti le difficoltà di un settore “stretto tra aumenti spaventosi dei costi, primo tra tutti quello dell’energia, e la crescita astronomica del costo dei mutui accesi per resistere alla crisi Covid”.
“L’aumento della tassa di soggiorno varato nella Legge di Bilancio – si legge – pesa su un equilibrio ancora difficile. Il paradosso è che il settore dà già moltissimo ai comuni tra Imu, Tari, tassa di soggiorno ordinaria e molte imposte minori. Ma a quanto pare non basta e si pensa di poter spremere ancora le imprese”.
“Ancora una volta – conclude Confindustria Alberghi – una tempesta perfetta sulle imprese del settore che danneggia il turismo e favorisce quelle forme di ospitalità che ancora oggi attendono di essere censite e regolamentate proprio da quei comuni che preferiscono alzare l’imposta sugli alberghi, invece di andare a recuperare le risorse che sfuggono alla tassazione. Una drammatica miopia che colpisce un settore, quello alberghiero, che contribuisce in modo sostanziale all’economia dei territori, del paese, e all’occupazione in Italia”.