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Browder riconosce che il suo prototipo di bot ha esagerato nel descrivere le interruzioni al servizio, seppur in modo “simile a come farebbe un cliente” umano. Tecnologie come quella della sua società potrebbero rivelarsi un valido aiuto per i clienti che devono fare i conti con la burocrazia delle aziende.
Per il suo chatbot, DoNotPay ha utilizzato Gpt-3, il modello linguistico dietro a ChatGpt, che OpenAI mette a disposizione dei programmatori come servizio commerciale. L’azienda ha personalizzato Gpt-3 addestrandolo con esempi di negoziazioni andate a buon fine e informazioni legali. Browder spera di estendere l’automatizzazione ben al di là delle semplici conversazioni con le aziende che si occupano di servizi internet, impiegandola per esempio per le trattative con le assicurazioni sanitarie.
L’evoluzione dei chatbot
ChatGpt è solo l’ultima e più convincente applicazione in una nuova linea di programmi di Ai dotati di capacità linguistiche, creati utilizzando enormi quantità di informazioni testuali raccolte da internet, libri e altre fonti. Gli algoritmi che hanno assimilato questi dati di addestramento sono in grado di imitare la scrittura umana e rispondere alle domande estraendo informazioni utili. Dal momento che operano su base testuale ricorrendo alle corrispondenze statistiche piuttosto che alla comprensione del mondo, questi sistemi sono inclini a produrre testi scorrevoli ma superficiali.
Negli ultimi tempi sono comparsi diversi nuovi chatbot conversazionali basati su questo nuovo approccio all’intelligenza artificiale del linguaggio. Nel maggio 2021, Google ha presentato un chatbot avanzato in fase di sviluppo chiamato LaMda, definendolo il futuro della ricerca. A giugno, un ingegnere dell’azienda è stato sospeso e poi licenziato dopo aver sostenuto che il programma mostrasse segni di coscienza. Le startup stanno lavorando a bot simili, pensati per svolgere compiti come l’intrattenimento o l’assistenza personale.
Browder non è l’unico a vedere ChatGpt e la sua tecnologia come un mezzo per automatizzare la persuasione. Su Twitter un medico ha postato un video che dimostra come il bot di DoNotPay possa essere in grado di scrivere una lettera per convincere un assicuratore a pagare una determinata procedura, arrivando addirittura a citare la letteratura scientifica (per quanto con un’accuratezza discutibile).
Sul lungo periodo, le grandi aziende potrebbero adottare la tecnologia e creare chatbot progettati per gestire le richieste e i reclami dei clienti o per vendere loro nuovi prodotti. Browder racconta di essere già in competizione con le società che utilizzano strumenti automatizzati per ostacolare i suoi servizi e si aspetta che situazioni come questa siano destinate a intensificarsi. Allo stesso tempo, però, è convinto che DoNotPay riuscirà a conservare il proprio vantaggio: “Penso che il futuro sia quello in cui i bot si parlano tra loro per ottenere un risultato ottimale”, spiega.
Potenzialità e rischi
Jonas Kaiser, un assistente presso la Suffolk University di Boston che si occupa di disinformazione online e delle raccomandazioni degli algoritmi, sostiene che la spesa per la creazione di modelli linguistici di grandi dimensioni – che spesso ammonta a decine di milioni di dollari – determina un vantaggio per le grandi aziende. “Le società possono e presumibilmente addestreranno il modello linguistico su uno specifico risultato desiderato, per esempio un cliente che rinuncia a un reclamo o firma un nuovo contratto”, sottolinea.