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L’arrivo del 2023 si porta dietro due stangate per le tasche degli automobilisti. Il governo Meloni ha infatti deciso di non prorogare per l’anno nuovo né il taglio delle accise sui carburanti né il blocco all’aumento delle tariffe autostradali, andando così a battere cassa sulla cittadinanza già vessata dagli aumenti causati dall’inflazione. I rincari sono scattati a partire dal primo gennaio e, per le autostrade, aumenteranno ancora a luglio 2023.
Stop allo sconto sui carburanti
Nonostante in campagna elettorale Giorgia Meloni dichiarasse di voler abolire le accise sulla benzina, una volta diventata presidente del Consiglio non solo non lo ha fatto, ma ha anche annullato lo sconto deciso a marzo 2022 dal governo di Mario Draghi.
Per la precisione, prima di cancellare definitivamente il taglio delle accise, il governo Meloni lo ha ridotto di 12 centesimi a inizio dicembre 2022, per poi evitare di inserire nella manovra finanziaria una proroga che garantisse ai cittadini un po’ di respiro e mantenere lo sconto anche per l’anno successivo. Così, a partire dal primo gennaio 2023 i prezzi di tutti i carburanti hanno subito un aumento generalizzato pari a 18 centesimi al litro.
Secondo quanto riporta il Sole 24 Ore, questa scelta del governo causerà un aumento di circa 9,5 euro in più ogni pieno, per un aumento complessivo su base annua di circa 220 euro. Non certo un bel regalo per gli italiani, dal momento in cui il prezzo del petrolio è ormai tornato ai livelli precedenti all’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, che ha innescato la crisi energetica, pari a circa 80 euro al barile.
Aumento dei pedaggi autostradali
Inoltre, anche i pedaggi di Autostrade per l’Italia, il principale gestore italiano a cui da capo il 50% della rete, sono aumentati del 2% e subiranno un ulteriore aumento dell’1,34% il prossimo luglio. Una decisione che fa a pugni con la sanzione imposta ad Autostrade solo a maggio 2022 dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che ha multato la società per non aver ridotto i pedaggi, a fronte dei forti disagi alla viabilità e all’aumento dei tempi di percorrenza, dando così il via a un’azione legale collettiva per ottenere rimborsi.
Così, mentre nel 2022 il governo aveva sospeso per l’intero anno gli incrementi di tariffe sul 98% degli oltre 6000 chilometri di rete, a accezione della A21 Piacenza-Brescia, gestita da Autovia Padana (gruppo Gavio), per il 2023 il governo Meloni ha deciso di approvare l’aumento che però non riguarderà alcune tratte.
Gli inasprimenti, infatti, non verranno applicati sulle autostrade A24 e A25 Roma-L’Aquila Teramo e Diramazione Torano Pescara, così come per le società con aggiornamento del piano economico in corso: autostrada Brescia Verona Vicenza Padova, Milano Serravalle, società autostrada Ligure Toscana-tronco Autocisa, società autostrade Valdostane, tangenziale di Napoli, autostrada dei Fiori-A6, società italiana araforo autostradale del Frejus, scietà autostrada Tirrenica, raccordo autostradale Valle d’Aosta e Concessioni autostradali venete.
Infine non ci saranno incrementi anche per le società con concessione scaduta autostrada del Brennero, società autostrada Ligure Toscana-A12 tronco Ligure Toscano, autovie Venete, Satap-Tronco Torino, Alessandria, Piacenza, autostrada dei Fiori, società per azioni autostrada Torino-Ivrea-Valle D’Aosta e resteranno inalterate anche la BreBeMi, la pedemontana lombarda, la atrada dei parchi e il consorzio per le autostrade siciliane.