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Sono 11 milioni le persone in Italia che corrono almeno una volta a settimana, una community cresciuta con gli anni, maturata in termini d’esigenze e più consapevole anche rispetto alla scelta delle scarpe, unico accessorio essenziale per questa attività. L’americana Brooks parte da 25 anni d’investimenti nella bio-meccanica della corsa per cercare d’andare incontro alle esigenze di tutti i tipi di podista “Ogni runner è differente e ciascuno ha il proprio modo unico di correre, è un’esperienza del tutto personale, l’obiettivo deve essere solamente quello di rendere questa esperienza più gratificante e piacevole”, spiega Carson Caprara, VP Footwear di Brooks Running.
Sopratutto in passato, il tentativo dei vari brand era quello di creare calzature in grado di correggere eventuali difetti di postura e meccanica per evitare infortuni sul lungo periodo. In tempi recenti, considerato che nemmeno tra i top runner esiste un modello di movimento univoco e perfettamente lineare, la tendenza (anche di Brooks) è quella di creare calzature in grado di assecondare meccaniche di corsa atipiche, anche attraverso l’ausilio della tecnologia e dei big data in fase di ricerca.
“Le analisi biomeccaniche, l’evoluzione dei materiali, la composizione delle mescole, lo studio della conformazione delle calzature e delle superfici di appoggio, sono solo alcuni degli elementi che monitoriamo costantemente e su cui lavoriamo per arrivare ai prodotti migliori possibile“, continua Caprara, “nel verificarsi di un infortunio, anatomia e struttura ossea non sono i fattori di rischio prioritari, incidono meno di quanto non faccia la combinazione tra la forza di impatto del piede sul terreno e la capacità di ciascuno di noi di adattarsi e rispondere a tale impatto. Dal momento che ogni runner è unico, siamo certi del fatto che non possa esistere la scarpa universalmente perfetta, così come non può esistere un’unica combinazione di fattori che porta il podista a infortunarsi”.