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Il 4 marzo 1947 Giovanni Puleo, Francesco La Barbera e Giovanni D’Ignoti vennero fucilati dallo Stato italiano nei pressi di Torino. Erano stati ritenuti colpevoli di una strage in una cascina e quella fu l’ultima volta che in Italia venne comminata la pena capitale, poi abrogata con la Costituzione repubblicana entrata in vigore nel 1948.
O almeno ufficialmente. Nei successivi decenni migliaia di persone hanno continuato a morire nelle mani di uno Stato che nella migliore delle ipotesi non ha fatto niente per salvarle. Da Stefano Cucchi a Carlo Giuliani, passando per l’annuale strage dei suicidi in carcere. Presto questo bollettino potrebbe dover essere aggiornato con un nuovo nome. Quello di Alfredo Cospito, anarchico condannato a 20 anni di galera, sottoposto al regime detentivo del 41 bis e in sciopero della fame da ormai 100 giorni, che si sta velocemente spegnendo nell’indifferenza dello Stato, sordo ai martellanti appelli per la sua salute. Una storia che ci ricorda che per quanto la pena di morte non trovi più spazio nelle leggi italiane, nei fatti sia ancora ufficiosamente tra noi. Il 27 gennaio la Cassazione ha annunciato di aver anticipato al 7 marzo l’udienza.
La storia di Alfredo Cospito
Alfredo Cospito ha 55 anni ed è recluso nell’istituto penitenziario di Sassari. Militante di primo piano della Federazione anarchica informale – Fronte rivoluzionario internazionale, è stato condannato a 10 anni e otto mesi per aver ferito a colpi di pistola alla gamba un dirigente di Ansaldo Nucleare, Roberto Adinolfi. Successivamente Cospito è stato ritenuto colpevole di un attentato alla scuola allievi carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo, dove esplosero due ordigni lasciati nei cestini senza causare morti e feriti. In questo caso la condanna è stata di 20 anni.
Cospito si trova in carcere da circa dieci anni, di cui gli ultimi sei in massima sicurezza. La scorsa primavera un decreto del ministero della Giustizia ha stabilito però che la sua detenzione doveva continuare nel regime duro del 41 bis, quello solitamente riservato ai mafiosi e di cui in questi giorni si è tornati a parlare dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro. Secondo il Tribunale di sorveglianza, che ha rigettato la richiesta dell’avvocato di Cospito di porre fine al 41 bis, l’isolamento del militante è necessario per tagliare ogni possibilità di contatto con l’organizzazione anarchica di cui fa parte, definita “associazione terroristica”. Il problema, nello specifico, sono gli articoli che Cospito ha continuato a scrivere dalla cella per riviste di area anarchica, considerati una forma di mobilitazione e una sorta di chiamata alle armi.