domenica, Aprile 2, 2023

Giappone, perché ha un vantaggio globale sul 6G

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Diciamo la verità. Quando si dice “innovazione” il primo punto di riferimento che viene in mente non è più il Giappone. Anzi, forse il paese un tempo sinonimo di tecnologia viene ora ricordato più per alcune abitudini ancorate a un passato altrove ormai dimenticato. A partire dall’utilizzo di oggetti o strumenti come floppy disk e fax. Descrizione corrispondete al vero solo in parte, per un paese comunque all’avanguardia in una serie di settori a partire da quello della robotica. Ma favorita forse dai successi clamorosi ottenuti dal grande rivale asiatico, la Cina. L’ascesa politica di Pechino è stata accompagnata o persino anticipata da quella tecnologica. Dall’intelligenza artificiale allo sviluppo delle infrastrutture di rete del 5G, gli investimenti cinesi hanno fatto la differenza.

10 volte più veloce del 5G

Ora, però, il Giappone sembra pronto a battere un colpo importante sullo sviluppo della rete di prossima generazione: il 6G. Quando ancora solo una porzione parziale di pianeta è coperta dal 5G, il mondo e in particolare l’Asia sta lavorando già da tempo al prossimo passo. Il momento della messa in commercio è ancora lontano: si prevede infatti che la rete 6G sarà disponibile sul mercato non prima del 2030. Ma la corsa è già partita da un pezzo, per una tecnologia che dovrebbe raggiungere una velocità di trasmissione dati nell’ordine dei 100 gigabyte al secondo, vale a dire un circa 10 volte di più del massimo raggiungibile dal 5G.

Nel 2021 l’Unione europea ha deciso di investire 900 milioni di euro nella ricerca sul 6G, mentre la Corea del Sud prevede di stanziare 172 milioni di dollari entro il 2025. Il ministero delle comunicazioni giapponese ha annunciato invece la creazione di un fondo da 507 milioni di dollari per sostenere la ricerca e lo sviluppo nel settore. Tokyo punta su una strategia che considera vincente: le partnership internazionali. Innanzitutto con la Finlandia: già nel 2021 ha firmato con Helsinki un memorandum of understanding per condurre ricerche comuni sul 6G sia in ambito industriale che educativo. Ma ovviamente anche con gli Stati Uniti, coi quali è stato annunciato un investimento condiviso nippo-americano di 4,5 miliardi di dollari per lo sviluppo del 6G. I loro interessi di ricerca comuni: Open radio access network (Open Ran), che consente a più fornitori di utilizzare le stesse stazioni di base senza rischi di non compatibilità, permettendo così molteplici partnership e una drastica riduzione dei costi di investimento nella costruzione.

La strategia di Tokyo è anche (geo)politica

A sostegno delle ambizioni giapponesi non c’è solo la spinta politica del governo locale, ma anche della contesa tecnologica e geopolitica in corso tra Washington e Pechino. I rapporti del Giappone con Stati Uniti e Nato sono sempre più forti, come dimostrato dalla recente visita del premier Kishida Fumio alla Casa Bianca, durante la quale si è accordato con Joe Biden per un approfondimento dei rapporti nel settore di difesa. Non solo. Tokyo è la componente più convinta della cosiddetta Chip 4, la proposta di alleanza sulla produzione dei semiconduttori voluta da Washington e sulla quale Corea del Sud e Taiwan sembrano meno entusiaste. 

Un’importante vantaggio strategico per il Giappone potrebbe arrivare anche da una nomina arrivata nelle scorse settimane, quella di Onoe Seizo a direttore del Telecommunication Standardization Bureau (Tsb) dell’International Telecommunication Union (Itu), l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa della regolamentazione delle telecomunicazioni. Onoe, già noto come il “padre dell’LTE” per aver promosso l’adozione della tecnologia 4G quando lavorava presso l’operatore di telefonia mobile giapponese Ntt Docomo, potrebbe rivelarsi un asset fondamentale per Tokyo.

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