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Per sciogliere i nodi sulla gestione dei dati da parte di ChatGPT è ancora prematuro. Ma il primo incontro tra il Garante della privacy italiano, che venerdì 31 marzo ha sospeso temporaneamente il trattamento delle informazioni da parte del potente chatbot conversazionale, e la startup che lo sviluppa, OpenAi, che ha risposto bloccando l’accesso al servizio per gli utenti del Belpaese, segna l’avvio del negoziato per trovare una soluzione che salvaguardi i dati degli utenti nel percorso di addestramento degli algoritmi. Perché la società, come si legge in una nota del garante, “si è impegnata a rafforzare la trasparenza nell’uso dei dati personali degli interessati, i meccanismi esistenti per l’esercizio dei diritti e le garanzie per i minori e a inviare al garante entro oggi un documento che indichi le misure che rispondano alle richieste dell’autorità”. Segno che vuole chiudere in fretta la partita.
All’incontro ha preso parte in apertura anche l’ad di OpenAi, Sam Altman. Per il collegio del Garante sono intervenuti il presidente Pasquale Stanzione e i componenti Ginevra Cerrina Feroni, Agostino Ghiglia, Guido Scorza. Per la startup di ChatGPT Che Chang, deputy general counsel della società statunitense, Anna Makanju, responsabile public policy e Ashley Pantuliano, associate general counsel.
Il colloquio
Nelle ore immediatamente successive allo stop, OpenAi si è detta disponibile a collaborare con l’Autorità garante per la protezione dei dati personali. D’altronde, quel che il fondatore Sam Altman e i suoi hanno intuito è che la mossa di piazzale Venezia può scatenare un effetto domino, in Europa e non solo. Tant’è che dopo l’alt del Garante italiano, il primo al mondo a contestare a ChatGPT il mancato consenso all’uso dei dati personale per l’addestramento dell’intelligenza artificiale, altre autorità hanno sollevato la testa. A cominciare dal Canada, che a sua volta ha fatto partire un’indagine a carico di OpenAi per raccolta, uso e diffusione di dati personali senza consenso. In Francia, Irlanda e Germania i garanti stanno studiando il dossier italiano. Così come in Giappone.
Il colloquio tra i vertici di OpenAi e il collegio del Garante della privacy italiano è avvenuto in videoconferenza. Nessuna conclusione pratica ed era lecito non aspettarsi niente di più. Come detto, si tratta di una fase interlocutoria. OpenAi ha venti giorni di tempo dalla comunicazione del provvedimento del 31 marzo (una finestra standard, prevista per legge) per rispondere alle contestazioni mosse da piazzale Venezia e fornire le sue contro-deduzioni o eventuali soluzioni. Pena una sanzione fino a 20 milioni di euro o fino al 4% del fatturato globale annuo, come previsto dal Gdpr. Ma vuole farlo in fretta, come dimostra l’apertura a inviare un documento con i suoi impegni già in giornata, che il Garante valuterà.