lunedì, Ottobre 2, 2023

Pfas, in Italia ancora non è chiaro quanti ce ne siano nel cibo

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Come molte altre questioni in un’epoca di rinnovata consapevolezza ecologica, il tema dei Pfas non è facile da affrontare politicamente. L’impiego su vasta scala in prodotti di uso comune e il fatto che la contaminazione sia diffusa ovunque nel mondo, seppur con gradazioni diverse che arrivano fino alla tossicità conclamata, rende molto difficile muoversi. E anche all’interno della comunità scientifica non manca chi teme le conseguenze di un uso troppo mediatico dei dati: un allarmismo dalle conseguenze potenzialmente devastanti sotto il profilo economico.

Il Veneto, la terra più inquinata del mondo

Negli Stati Uniti l’amministrazione guidata dal presidente Joe Biden per prima ha proposto uno standard per i Pfas nell’acqua potabile. In Unione europea Germania, Paesi Bassi, Danimarca, Norvegia e Svezia stanno chiedendo di vietare la produzione. E l’Italia?

Vanta un triste primato: un’area di duecento chilometri quadrati nel Vicentino, abitata da trecentocinquantamila persone e che risulta essere la più inquinata del mondo da questa classe di sostanze, definite una “bomba a orologeria” perché studi approfonditi sugli effetti a lungo termine ancora non ne esistono. Secondo la Procura della Repubblica, la responsabilità sarebbe della ditta (oggi fallita) Miteni di Trissino. Un processo è in corso.

Miteni – scrive Greenpeace – produceva questo tipo di sostanze sin dagli anni Sessanta e, come è emerso nel corso delle indagini, per anni avrebbe scaricato nell’ambiente senza particolari precauzioni gli scarti di lavorazione industriale. Il corso d’acqua più contaminato è l’Agno-Guà, già impattato dagli scarichi dalle numerose concerie della zona che utilizzavano Pfas in alcune lavorazioni”. Ma, proprio in Veneto, secondo Ungherese, sono stati compiuti errori metodologici e campionamenti errati, nonostante appaia ormai certo che concentrazioni di Pfas altissime siano presenti nel fegato, nei muscoli, nelle uova degli animali cresciuti nella zona.

Pensavamo di aiutare i nostri figli crescendoli con un’alimentazione a chilometro zero, è finita che abbiamo fatto peggio”, racconta a Wired Manuela Zamboni, coordinatrice delle Mamme Anti Pfas, un movimento di famiglie che sta cercando di far luce sulla vicenda dal 2017. “Abbiamo portato in piazza diecimila persone. Ci hanno aiutato medici, alcuni professori universitari, qualche ricercatore. Le istituzioni? No. Tanto che nonostante gli allarmi, per anni abbiamo continuato a bere acqua inquinata – denuncia Zamboni -. Per noi è praticamente un secondo lavoro. Il nucleo è composto da una decina di persone, c’è un secondo livello che arriva a cinquanta, ci sentiamo su gruppi Whatsapp e Facebook“. L’attivismo contro gli Pfas, in quello che è diventato un territorio simbolo, ha pagato. Oggi di queste sostanze si comincia a parlare. Più forte delle altre, si è levata anche la voce di un prete: il presule di Vicenza Giuliano Brugnotto. Ma, come mostra questa mappa di Wired basata sui dati di Le Monde, tutto il Paese è coinvolto. C’è gran parte del nord, ci sono anche la Toscana, la Basilicata, la Sicilia e la Sardegna.

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