sabato, Settembre 30, 2023

Premierato: che cos'è la riforma che vuole Giorgia Meloni

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Ora si parla di premierato, in campagna elettorale di presidenzialismo o semi presidenzialismo alla francese, ma qualunque formula si usi il risultato non cambia. L’obiettivo della destra è sempre quello di sostenere il leaderismo e rafforzare i poterti dell’uomo o della donna soli al comando, a discapito dell’architettura istituzionale parlamentare sancita dalla Costituzione italiana.

Visto che il presidenzialismo non s’ha da fare, perché sia l’opposizione che parte della maggioranza si sono mostrate inamovibili nel mantenere intatte le funzioni chiave del presidente della Repubblica, come garante della coesione nazionale e della Costituzione, la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, è passata al piano B.

Definizione di premierato

Tuttavia, non esiste una definizione chiara di premierato e con questo termine ci si riferisce, in maniera generica, a varie forme di governo basate sulla legittimazione popolare del primo ministro, cioè il premier. Inoltre, come ricorda Treccani, si parla di premierato forte o debole, a seconda del modo e del grado di autonomia e di supremazia nel rapporto tra governo e Parlamento.

Nelle intenzioni dichiarate pubblicamente da Meloni, riportate da Rai News, si vorrebbe far passare l’idea che l’obiettivo della riforma sia solamente dare alla cittadinanza la possibilità di votare direttamente il capo del governo, per creare un “rapporto diretto” con le persone e “garantire stabilità”. Ma la presidente del Consiglio non ha chiarito quali poteri aggiuntivi voglia dare al suo ruolo per evitare le crisi di governo, visto che l’unico esperimento di questo tipo di forma istituzionale è fallito proprio perché non è stato in grado di “garantire stabilità”.

Pesi e contrappesi

Ma il punto fondamentale della riforma è proprio questo: come cambierà il rapporto di potere tra il o la presidente del Consiglio e il Parlamento? Ancora nessuno della maggioranza di destra ha voluto rispondere a questa domanda. Avrà un primato legislativo? Potrà sciogliere le camere? Gli o le sarà concesso di scavalcare le funzioni legislative dell’emiciclo a suon di rafforzati dpcm (i decreti del presidente del Consiglio dei ministri, oggi concessi solo in caso di emergenza e che abbiamo conosciuto durante la pandemia da Covid-19)?

Sfortunatamente, il semplice termine premierato non è sufficiente a chiarire tutti questi interrogativi, perché forza o debolezza del premier sono decisi da chi vuole fare la riforma e non dalla letteratura scientifica sul tema. Un prototipo di premierato è il modello Westminister del Regno Unito, dove però non c’è l’elezione diretta del capo del governo, ma esiste la consuetudine che il primo ministro sia sempre il leader del partito principale. In questo modo l’elettorato sa già che votando questo o quel partito si avrà questo o quel premier.

I casi di Israele e Germania

Mentre l’unico sistema di governo dove è esistita una forma di premierato con elezione diretta del primo ministro è stato Israele. In questa repubblica parlamentare, dal 1992 al 2001, il capo del governo è stato eletto direttamente dalle persone, ma il modello è stato abolito nel 2002, perché non aveva garantito la stabilità che si sperava di ottenere.

Un’altra forma di premierato, che però ha caratteristiche e un nome diverso, è il cancellierato della Germania. In questo caso il capo del governo ha poteri più ampi rispetto a quelli del presidente del Consiglio in Italia, potendo nominare e revocare i ministri a suo piacimento, ma comunque non viene eletto direttamente dalle persone. Inoltre, in questo sistema esiste la cosiddetta sfiducia costruttiva, per cui il Parlamento può sfiduciare il governo solo se è già pronta la maggioranza per un altro esecutivo. Uno strumento usato solo due volte nella storia del paese.

Purtroppo però, nelle sue dichiarazioni generaliste e roboanti da campagna elettorale, Meloni non ha spiegato assolutamente niente. Limitandosi a sbandierare come un semplice slogan quella che potrebbe essere la riforma costituzionale più importante della storia della Repubblica italiana, capace di trasformarne per sempre l’architettura istituzionale e, di conseguenza, cambiare per sempre il rapporto tra cittadinanza e governo.

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