venerdì, Settembre 29, 2023

India: riuscirà mai a surclassare la tecnologia della Cina?

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Senza contare che, nonostante la crescente penetrazione della tecnologia, l’India deve ancora affrontare un significativo divario digitale, in particolare nelle aree rurali e tra le comunità economicamente svantaggiate. La mancanza di connettività a internet, l’accesso limitato ai dispositivi e l’insufficiente alfabetizzazione digitale hanno rappresentato per Byju’s un ostacolo nel raggiungere gli studenti meno serviti e nel colmare il divario di apprendimento.

Ma uno dei problemi principali è il fatto che il settore dell’istruzione indiano è caratterizzato da frequenti cambiamenti politici e riforme normative. Byju’s ha dovuto adattarsi rapidamente alle linee guida e ai quadri normativi in evoluzione per garantire la conformità e mantenere la sua posizione di risorsa educativa affidabile. Ciò ha richiesto flessibilità, agilità e un continuo monitoraggio degli sviluppi politici.

La zavorra normativa e burocratica

Non sembra essere bastato. Il mese scorso, l’Enforcement Directorate, l’agenzia indiana per la lotta alla criminalità finanziaria, ha fatto irruzione nella sede di Byju’s a Bengaluru per sospette violazioni del Foreign Exchange Management Act e ha dichiarato di aver sequestrato documenti incriminanti. L’azienda, la cui ultima valutazione era di 22 miliardi di dollari, è passata da una controversia all’altra nel corso dell’ultimo anno, quando è arrivato l’inverno dei finanziamenti e gli investitori hanno iniziato a mettere in discussione le società in portafoglio per quanto riguarda la liquidità, le acquisizioni e l’economia di base della gestione di un’azienda.

Byju’s non ha ancora depositato i risultati finanziari degli ultimi due anni, e i conti depositati per l’anno precedente hanno sollevato dubbi per i numeri poco incoraggianti. L’investitore BlackRock ha ridotto il suo investimento di quasi il 50%, secondo quanto riportato dai media locali a marzo, in un momento in cui la crescita attesa della Byju non si è nemmeno lontanamente concretizzata. Tutto questo renderà estremamente difficile la raccolta del prossimo round.

Il problema, come ha segnalato lo stretto Wall Street Journal, non è solo di Bjyu’s, anzi la sua vicenda è un manifesto del perché sia ancora così complicato emergere. E perché, nonostante le svariate promesse del premier Narendra Modi su apertura e semplificazione di norme e burocrazia, investire in India non sia così semplice per gli attori internazionali. La questione non è solo normativa, ma anche strutturale. Gli investitori nelle startup del paese si stanno rendendo conto che la spesa online è guidata solo da una percentuale minuscola della popolazione internet indiana e che potrebbe volerci un po’ prima che il potere di spesa sia distribuito in modo più uniforme. Secondo un recente rapporto di Blume Ventures, solo circa 45 milioni di utenti rappresentano il 50% della spesa online su un totale di 850 milioni di indiani che utilizzano Internet.

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