venerdì, Settembre 29, 2023

D-Orbit, storia dei pionieri della logistica spaziale

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Non male per un’impresa nata per necessità, se non per ripiego. “Non ho mai voluto fare l’imprenditore, il mio obbiettivo era andare nello spazio”, racconta Rossettini, vicentino classe 1975, ad di D-Orbit con una laurea in Ingegneria aerospaziale corredata da un dottorato di ricerca in Propulsione avanzata e tre master, in software, robotica e in sostenibilità strategica – “quello che mi ha cambiato la vita”, dice.

Il sogno sfumato

D-Orbit è nata dopo che Rossettini vide sfumare il sogno di diventare collega di Samantha CristoforettiLuca Parmitano: “Nel 2009, alla selezione per i nuovi astronauti dell’Agenzia spaziale europea, arrivai in fondo, ma non abbastanza. Fui costretto a reinventarmi: per uno di quei casi che chiamo ‘salti quantici’ della vita, grazie a una borsa di studio del Politecnico di Milano, finii prima in California e poi alla Nasa, dove ebbi la fortuna di lavorare al progetto Phonesat, cioè alla costruzione di un satellite di piccole dimensioni, qualcosa che all’epoca era considerata uno scherzo. Sempre per un ‘salto quantico’, al progetto lavorai con Chris Boshuizen e Will Marshall, futuri fondatori di Planet Labs, che oggi vanta una delle più grandi costellazioni al mondo di piccoli satelliti. In quel momento – continua – fra noi nacque la consapevolezza che il mercato spaziale sarebbe cambiato di lì a poco. Beninteso, erano anni in cui anche SpaceX faticava a stare in piedi”.

Corsi o ricorsi di nomi e destini. D-Orbit ha scommesso con spirito pioneristico su due fra le tendenze che hanno trasformato il settore spaziale negli anni recenti: la miniaturizzazione delle tecnologie, che consente il trasporto in rideshare di più carichi paganti (o payload), e l’impennata del numero di lanci annuali, accreditabile soprattutto alla riutilizzabilità dei vettori spaziali imposta proprio dall’azienda di Elon Musk. Da un core business focalizzato sulla deorbitazione, ora i servizi preponderanti di D-Orbit sono quelli di lancio e deployment.

Trovano la loro incarnazione sia in ambito software con Aurora, un programma di controllo missione in cloud che consente ai clienti di operare i propri satelliti senza bisogno di una control room, sia con hardware come Ion Satellite Carrier, acronimo di “In Orbit Now”, più che un dispenser, un taxi extra-atmosferico incluso nel pacchetto di logistica spaziale dell’azienda comasca. Compatibile con diversi vettori sul mercato, il primo lancio di Ion è avvenuto nel settembre del 2020 su un razzo Vega di Arianespace (il lanciatore realizzato perlopiù dall’italiana Avio). Da allora, l’azienda ha lanciato con successo altre nove missioni della sua piattaforma, a bordo dei Falcon9 di SpaceX.

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