giovedì, Maggio 22, 2025

Intelligenza artificiale, a chi appartiene un'opera?

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Come conciliare l’avvento dell’intelligenza artificiale con la creatività e quali nuove frontiere dell’insegnamento si manifestano con l’arte generativa? Se ne è discusso a Roma durante l’evento Ai Bounds organizzato nell’aula magna dell’Accademia delle arti e nuove tecnologie (Aant). Le più importanti accademie della capitale si sono confrontate su quali dovranno essere le nuove competenze che gli studenti dovranno acquisire nell’uso dell’Ai per creare opere mantenendo uno “spirito critico ed etico”.

Il convegno Ai Bounds

All’incontro, patrocinato dall’Associazione per il disegno industriale del Lazio (Adi) hanno preso parte Rossana Quarta di Aant, Laura Negrini dello Ied di Roma, Silvia Simoncelli della Naba di Roma, Fabio Mongelli della Rufa. Ad aprire i lavori il sociologo Derrick De Kerckhove e quella del legale Luca Amorelli.

Cos’è l’arte generativa

Nel campo della creatività l’avvento dell’intelligenza artificiale rappresenta qualcosa di simile a quello che è stato l’invenzione della fotografia in un mondo che fino ad allora conosceva solo la pittura. L’arte generativa è una forma d’arte che utilizza algoritmi e processi computazionali per creare opere d’arte. Alla base del processo creativo ci sono regole e parametri predefiniti sulla base dei quali gli artisti avviano l’algoritmo, arrivando a un risultato finale spesso imprevedibile. Questi algoritmi possono essere progettati per generare opere casuali o seguire precise direttive estetiche.

Rispetto alle regole che gli artisti hanno seguito fino a oggi, l’arte generativa stravolge le tradizionali nozioni di autore e originalità artistica, poiché non c’è il controllo completo del risultato finale, che nasce da una sorta di “collaborazione” tra l’uomo e il processo generativo. Ovviamente, l’arte generativa e l’intelligenza artificiale sono strettamente correlate, perché quest’ultima può appunto essere utilizzata come una tecnologia per creare algoritmi generativi complessi che producono opere d’arte originali. Gli stessi artisti e i ricercatori, se correttamente formati, possono utilizzare l’arte generativa per sviluppare nuovi algoritmi e modelli di intelligenza artificiale, creando un’ulteriore interazione tra l’essere umano e la macchina.

Di chi è l’opera prodotta con l’intelligenza artificiale?

La madre di tutte le domande è: come definire la proprietà intellettuale di un prodotto artistico prodotto utilizzando le potenzialità dell’intelligenza artificiale? “Negli ultimi 40 anni non abbiamo fatto altro che riversare contenuto nella rete. Non è ora di avere qualcosa indietro?”, si chiede Derrick de Kerckhove, antropologo con alle spalle 25 anni alla direzione del McLuhan Program in culture & technology dell’università di Toronto. “Siamo di fronte alla prima vera rivoluzione della storia della comunicazione – insiste il professore – perché l’intelligenza artificiale sta superando il controllo delle intelligenze e ne sta prendendo il posto per quanto riguarda le scelte: si tratta di un’emergenza del tutto nuova che non possiamo considerare quando parliamo di copyright. Eliminarlo, tout court, può essere una soluzione”. E ancora: “Chi è l’autore ora? Io dico che è qualcuno che non ha più soltanto la responsabilità della creazione ma, da adesso in poi, anche della sua diffusione. In questa nuova situazione, dichiarare la fonte diventa indispensabile. È fondamentale dichiararne la provenienza”.

Non è d’accordo l’avvocato Luca Amorelli, specializzato nelle materie di proprietà intellettuale, comunicazione e nuove tecnologie: “Eliminare il copyright per le creazioni future – spiega – significa porre un problema giuridico anche di fronte a quelle passate”. E aggiunge: “La giurisprudenza su diritto d’autore italiano attuale, che risale al 1941, è ancora valida e può essere applicata, con minimi aggiustamenti, anche al diritto d’autore nell’era dell’intelligenza artificiale”. A richiamare la necessità di un approccio all’intelligenza artificiale generativa “non dogmatico” è invece Rosanna Quarta, direttrice di Aant: l’accademia da lei diretta, in collaborazione con il gruppo musicale Underdog, ha recentemente prodotto il primo videoclip musicale interamente prodotto utilizzando le potenzialità dell’intelligenza artificiale: è quello del brano Cold Moon In Deep Water.

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