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In Israele, Wix e Wiz sono l’emblema delle aziende di successo. Fondata nel 2010, Wiz è una piattaforma per costruire siti web, oltre che una delle società tecnologiche più note del paese e tra quelle con valutazione più alta del settore. Wiz invece è una società di cybersicurezza molto quotata: lanciata un decennio dopo Wix, ha raggiunto una valutazione di 10 miliardi di dollari nel giro di due anni, quasi la metà del tempo impiegato da aziende come Uber e Snapchat.
Oggi però le due società stanno imboccando strade diverse: Wix sta aumentando il suo impegno in Israele, mentre Wiz sta tagliando i ponti con il paese.
Negli ultimi sette mesi, Israele è attraversato da una crisi politica. A gennaio, Benjamin Netanyahu – arrivato al suo sesto mandato come primo ministro e sostenuto da una coalizione che comprende partiti di estrema destra – ha presentato un disegno di legge che punta a indebolire i poteri della Corte suprema israeliana. I sostenitori dell’iniziativa sostengono che è necessaria per evitare le ingerenze politiche del massimo tribunale israeliano. I critici sostengono che la riforma indebolirebbe la democrazia israeliana garantendo al governo un potere incontrollato. Nonostante le grandi proteste, questa settimana i legislatori israeliani hanno approvato la prima parte della riforma giudiziaria.
Il conflitto è percepito in modo particolarmente accentuato nella “Startup Nation“, il nome con cui è stato ribattezzato l’influente settore tecnologico israeliano. In Israele molti lavoratori tech hanno partecipato alle proteste contro la riforma giudiziaria e i dirigenti delle aziende hanno espresso apertamente i loro timori per i possibili effetti sulla stabilità economica e sociale del paese. Prima del voto sul disegno di legge, circa 200 aziende tecnologiche si erano impegnate ad aderire alle proteste. All’indomani del voto, un gruppo chiamato Movimento di protesta hi-tech Protest ha comprato degli spazi pubblicitari su almeno quattro diversi giornali, oscurandone le prime pagine per sottolineare il “giorno nero per la democrazia“.
“L’industria israeliana dell’alta tecnologia è molto coinvolta, molto impegnata in ciò che sta accadendo“, afferma Merav Bahat, amministratore delegato della società di sicurezza informatica Dazz, che racconta di sostenere i dipendenti che si sono assentati dal lavoro per scioperare o partecipare alle proteste.
Tra opposizione e fuga
I dati pubblicati nello scorso fine settimana da Start-Up Nation Central, un’organizzazione no-profit che promuove la tecnologia israeliana all’estero, mostrano che quasi il 70 per cento delle startup israeliane si sta adoperando per allontanarsi dal proprio paese, ritirando denaro o spostando la propria sede legale.