mercoledì, Settembre 11, 2024

Virus antichi e pericolosi potrebbero risvegliarsi con lo scioglimento del permafrost

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I cambiamenti climatici avranno effetti che potrebbero sembrarci meno scontati. Infatti, con il costante e sempre più allarmante scioglimento dei ghiacci, causato dal riscaldamento globale, alcuni virus e batteri antichi, rimasti seppelliti nel permafrost per centinaia di migliaia di anni, potrebbero cominciare a riemergere. A dimostrarlo in un nuovo studio pubblicato su Plos Computational Biology, che attraverso alcune simulazioni ha suggerito come circa l’1% di questi agenti patogeni potrebbe rappresentare una potenziale minaccia per l’ambiente e persino per noi.

Lo scioglimento del permafrost

Ricordiamo che il permafrost è una miscela di terreno, ghiaia e sabbia legati insieme dal ghiaccio. Si trova principalmente nelle regioni artiche, in prossimità dei poli, ma anche in altre parti dell’Alaska, della Groenlandia, della Russia, della Cina e dell’Europa settentrionale e orientale. Quando il permafrost si forma, batteri e virus possono rimanere intrappolati al suo interno e sopravvivere per migliaia o addirittura milioni di anni. I periodi più caldi, tuttavia, possono dare il via a processi metabolici che consentono a questi microrganismi dormienti di riattivarsi. Nel bel mezzo dell’attuale crisi climatica, quindi, alcuni di questi agenti patogeni, potenzialmente in grado di causare malattie, si possono risvegliare mentre il permafrost si scioglie.

Il risveglio di antichi patogeni

Secondo il nuovo studio, questi agenti patogeni rappresentano un potenziale rischio perché gli esseri umani e altri organismi viventi di oggi non sono mai venuti in contatto con loro, vale a dire quindi che gli ecosistemi moderni potrebbero avere poche difese. “Se i patogeni convivono da molto tempo a fianco di comunità batteriche, umane o animali, ci si aspetta una co-evoluzione tra i patogeni e la comunità, riducendo il rischio che i patogeni rappresentano per gli ecosistemi”, ha commentato a LiveScience il co-autore Giovanni Strona, ricercatore dell’European Commision Joint Research Centre e dell’Università di Helsinki. “Ma quando hai un patogeno che viaggia nel tempo, hai chiaramente l’introduzione di nuovi elementi di rischio”.

Lo studio

Per calcolare i rischi ecologici dovuti al rilascio di questi microbi antichi, il team di ricercatori ha effettuato alcune simulazioni al computer in cui agenti patogeni digitali invadono comunità di ospiti simili a batteri. Dalle analisi, i ricercatori hanno scoperto che i patogeni invasori riuscivano spesso a sopravvivere ed evolversi nel mondo moderno, e che circa il 3% di loro era dominante nel nuovo ecosistema. Non solo: circa l’1% dei patogeni avrebbe effetti imprevedibili: potrebbe causare l’estinzione di circa un terzo delle specie simili ai batteri oppure aumentarne la diversità fino al 12% rispetto alle simulazioni in cui la fuga non era consentita.

Come cigni neri

Il team di ricercatori ha così soprannominato l’1% dei virus potenzialmente pericolosi “cigni neri”, riferendosi a un evento raro e improbabile, ma di enorme impatto. Sebbene infatti la probabilità che questi emergano e provochino il caos sia bassa, il loro impatto sarebbe catastrofico e dovrebbero per questo essere considerati nei futuri scenari climatici. Va precisato, tuttavia, che lo studio è interamente basato su simulazioni al computer che modellano il modo in cui i virus infettano i batteri, e sono perciò necessarie ulteriori ricerche per chiarire i rischi effettivi nel mondo reale. “Come società, dobbiamo comprendere il potenziale rischio rappresentato da questi antichi microbi in modo da poterci preparare a eventuali conseguenze del loro risveglio nel mondo moderno”, ha concluso il coautore Corey Bradshaw, della Flinders University.

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