domenica, Ottobre 6, 2024

Dogman, Luc Besson conquista Venezia con una storia tra horror e poesia

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Dog e God potrebbe essere una sorta di palindromo. Nessuno si offenda. Perché, in fondo, è con questo assunto che si apre Dogman, il film di Luc Besson, interpretato da uno straordinario Caleb Landry Jones (che potrebbe meritare una Coppa Volpi per la sua performance), appena presentato in concorso al festival di Venezia e in uscita nelle sale il 28 settembre: “Dove c’è qualcuno infelice, Dio manda un cane”.

La storia – evitando gli spoiler – è quella di Douglas, cresciuto con un padre estremamente violento e un fratello complice in tutto e per tutto del genitore.

Un giorno, dopo l’ennesimo scontro a tavola, suo padre gli chiede se ami di più i cani (che l’uomo alleva per i combattimenti) e verso i quali il ragazzo prova un enorme affetto, della sua famiglia. Alla risposta “sì”, la sua reazione è terribile: chiudere il figlio a vivere nella gabbia in cui tiene gli animali.

Lì dentro Douglas rimane fino al giorno in cui il padre gli spara con il fucile dopo aver scoperto che il ragazzo sta cercando di proteggere una cucciolata. La pallottola gli porta via un dito e, di ribalzo, gli si conficca nella spina dorsale, lasciandolo praticamente paralizzato dalla vita in giù. Solo a quel punto, Douglas, userà i suoi amati cani, ai quali riesce a far fare praticamente ogni cosa, per avvisare la polizia e farsi liberare.

Queste sono solo le premesse della storia che nel film prendono la forma di lunghi flashback. Perché Dogman parte con Douglas agli arresti per la carneficina a colpi di fucile e di morsi di un gruppo di malviventi del racket (che lui aveva cercato di fermare per aiutare un’amica che gestisce un negozio in zona senza immaginare di doverne fronteggiare il tentativo di vendetta) appena avvenuta nel luogo abbandonato dove viveva con decine di cani.

I suoi “bambini” che tempo prima aveva portato via con sé liberandoli dal canile che gestiva con cura e che gli era stato tolto per ragioni puramente economiche dopo che il palazzo era finito al centro di un progetto di speculazione edilizia.

Per lui, l’ennesimo schiaffo ricevuto dopo i maltrattamenti del padre, un’adolescenza vissuta tra infinite case-famiglia e una lista altrettanto infinita di rifiuti e di porte sbattute in faccia quando aveva provato a trovare un altro lavoro perché nessuno aveva la minima intenzione di assumere una persona in carrozzina.

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