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Diversi siti e testate giornalistiche stanno impedendo l’accesso di ChatGPT ai propri contenuti. L’ultimo importante organo di informazione che ha preso questa decisione è il britannico Guardian. “La pesca a strascico per scopi commerciali dei dati soggetti a proprietà intellettuale presenti sul sito web del Guardian è, ed è sempre stata, una pratica contraria ai nostri termini di servizio”. Con queste parole un portavoce dell’azienda proprietaria del Guardian ha annunciato che impedirà agli strumenti utilizzati da OpenAI, l’azienda sviluppatrice di ChatGPT, di poter copiare i testi presenti sulla propria pagina web per alimentare l’addestramento degli algoritmi alla base del funzionamento del potente chatbot.
Infatti, OpenAI sarebbe stata in grado di raccogliere moltissimi dati, senza alcuna licenza, da articoli e contenuti pubblicati sul Guardian, al fine di “addestrare” il proprio chatbot. La paura della testata d’Oltremanica è che gli strumenti di intelligenza artificiale possano diffondere disinformazione, storpiando o male interpretando le notizie raccolte dal proprio sito web. Questa, del resto, è una delle più profonde preoccupazioni emerse da quando ChatGPT ha fatto irruzione nel mondo del lavoro creativo e nel dibattito pubblico.
Chi ha bloccato ChatGPT
Come anticipato, però, il Guardian è solo l’ultimo di una serie di grandi nomi che hanno deciso di bloccare il crawler di ChatGPT, ovvero quel programma in grado di catturare i dati testuali dalle pagine web per inserirli nei modelli di intelligenza artificiale. Già Cnn, Reuters, Washington Post, Bloomberg, New York Times e il suo inserto sportivo Athletic hanno deciso di fare muro qualche mese fa. Una strada intrapresa, tra gli altri, anche da “Lonely Planet, Amazon, il sito di annunci di lavoro Indeed, il sito di domande e risposte Quora e Dictionary.com”, spiega il Guardian. Non solo l’informazione giornalistica, dunque, ha deciso di chiudere le porte a ChatGPT, ma il mondo editoriale in senso più ampio.
Un numero in costante aumento
Il blocco del crawler di ChatGPT è reso possibile anche dal fatto che, ad agosto, la stessa OpenAI “ha condiviso i dettagli su come bloccare il suo GPTBot”, scrive Originality.ai, sito che ha avviato un’indagine sulle testate che stanno impedendo al chatbot di usare il materiale giornalistico. I rilevamenti finora disponibili riguardano il mese di agosto e, dai grafici proposti, appare evidente come il numero di siti che hanno bloccato ChatGPT sia in costante aumento.
La mossa di Meta e X
Se da una parte OpenAI non si è ancora espressa nei confronti di questa generale alzata di scudi che coinvolge sia l’ambiente commerciale che una buona fetta dell’editoria mondiale, d’altra parte una sorta di marcia indietro è arrivata in questi giorni da un’altra società che sviluppa strumenti di intelligenza artificiale. Ossia Meta, l’azienda proprietaria di Facebook e Instagram, che ha deciso di permettere agli utenti di impedire che le proprie informazioni personali vengano utilizzate per l’addestramento di modelli di intelligenza artificiale. Mentre Elon Musk, che a luglio aveva detto di aver introdotto delle restrizioni per quanto riguarda l’accesso ai dati presenti sulla sua piattaforma X (ex Twitter) da parte di aziende esterne, ha deciso che i tweet pubblici presenti sul social network potranno invece essere utilizzati per l’addestramento della sua nuova intelligenza artificiale, in fase di sviluppo dalla nuova startup xAI.