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Barcellona, Berlino, Milano, Atene e Bruxelles hanno in comune di essere tra i centri urbani europei in cui, negli ultimi anni, si è diffuso maggiormente l’utilizzo della consegna a domicilio tramite le piattaforme di food delivery. Ecco perché i documentaristi Laura Carrer (che collabora anche per Wired) e Luca Quagliato hanno deciso di partire dalle storie di tredici rider, lavoratori, spesso stranieri e sottopagati, che popolano a frotte le strade di queste città, per raccontare le nuove frontiere del lavoro e le dinamiche della gig economy. Invisibili ma sotto gli occhi di tutti, mentre solcano 24 ore su 24 le vie del centro in sella alle proprie biciclette elettriche o ai loro motorini, questi fattorini del nuovo millennio sembrano ormai essere diventati simbolo del contesto metropolitano. Ma in realtà sono le prime vittime di un nuovo sistema che già diamo per scontato perché, con troppa facilità, ci siamo abituati alle tante comodità che ci ha regalato la tecnologia.
Il film-inchiesta, prodotto da Irpi Media (testata italiana specializzata in inchieste), con il supporto di European Cultural Foundation (fondo europeo per la promozione della cultura), Hermes Center (organizzazione per i diritti umani digitali) e con le case di produzione cinematografica Enece Film e Nepenthe Film, sarà presentato in anteprima e in concorso al 9° Festival internazionale del documentario Visioni dal Mondo. Ma sarà possibile vederlo anche a Milano sabato 16 settembre al Teatro Litta per una proiezione speciale.
I due autori italiani hanno deciso di girare il film, che si compone di una serie di interviste condotte in cinque lingue diverse, interamente durante le ore notturne. Un altro aspetto interessante del documentario riguarda il montaggio di Guglielmo Trupia. Che, insieme ai registi, ha scelto di collegare le singole interviste in modo da creare un dialogo ideale tra tutti i rider intervistati, ognuno in una diversa città, mettendone in risalto gli aspetti comuni. Sempre ripresi in primo piano, questi “freelance della consegna notturna”, vengono raccontati attraverso inquadrature strette che evocano sentimenti di oppressione ma che, allo stesso tempo, riescono a infondere un grande senso di umanità all’intera pellicola.