domenica, Ottobre 6, 2024

Batterie di calore, usarle per “ripulire” l'industria pesante

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Una delle sfide più grandi della transizione energetica è la decarbonizzazione delle industrie pesanti, che ci forniscono prodotti essenziali come l’acciaio, il calcestruzzo e i fertilizzanti ma rilasciano enormi quantità di gas serra nell’atmosfera. La siderurgia vale il 7-9 per cento delle emissioni antropogeniche globali di CO2, per esempio, e il comparto cementiero circa l’8 per cento.

Questi processi hanno bisogno di tanto calore per funzionare, generalmente intorno ai 1400 gradi Celsius, ma le fonti rinnovabili non sono in grado di fornirglielo con la costanza necessaria (anche ventiquattr’ore di seguito). Le industrie pesanti, insomma, a oggi non possono fare a meno dei combustibili fossili. E benché ci siano delle tecnologie pulite in fase di sviluppo – utilizzano l’idrogeno verde e la cattura del carbonio –, non sono ancora abbastanza mature da essere applicate su larga scala. Non è un caso che questi settori vengano definiti hard-to-abate, perché un modo semplice ed economico per abbatterne le emissioni non c’è.

Non esistono soluzioni facili a problemi complessi, però Rondo Energy, una startup della California, pensa di aver inventato una tecnologia “di una semplicità imbarazzante. Si tratta di una batteria di calore, un macchinario che riceve l’elettricità generata dagli impianti rinnovabili e la converte in calore. Il calore riscalda poi una struttura di mattoni refrattari a una temperatura di circa 1500 °C e si conserva al loro interno per ore o giorni, pronto all’uso nelle fabbriche. Visto da fuori, il dispositivo ha l’aspetto di un container in acciaio coibentato.

Lo schema di Rondo energy

Un mega tostapane per le acciaierie

In parole semplici, la batteria di Rondo funziona come un grosso tostapane, e le caratteristiche dei mattoni refrattari (un impasto di alluminio, silicio e ossigeno) sono note da parecchio tempo. Nulla di avanguardistico, dunque, ma piuttosto una nuova combinazione di procedimenti affermati. L’amministratore delegato John O’Donnell è anzi ben contento di dire al Financial Times che la tecnologia della sua azienda è “un po’ noiosa”: l’innovazione non deve puntare a stupire le folle, del resto, ma a essere implementata velocemente e su scale sempre maggiori.

Le batterie di calore di Rondo non sono ancora disponibili a livello commerciale – il primo progetto di questo tipo, da 130 megawatt, è previsto per l’anno prossimo –, ma hanno catturato l’attenzione di investitori come Microsoft, la compagnia petrolifera saudita Aramco e Breakthrough Energy Ventures, il fondo per le clean tech di Bill Gates. A metà agosto si è concluso un round di finanziamenti da 60 milioni di dollari. Di aziende che hanno sviluppato sistemi simili, comunque, ce ne sono diverse anche se poco note, come la norvegese EnergyNest e l’americana Antora.

Pro e contro

Le batterie di calore sono promettenti ma non sono la soluzione assoluta alle emissioni dell’industria pesante. Per esempio, attualmente non possono fornire calore a temperature sopra i 1500 °C, talvolta raggiunte dal comparto metallurgico, e non sono adatte nemmeno ai processi di saldatura che richiedono temperature precise: ma si tratta casi specifici. Inoltre hanno bisogno – come l’idrogeno verde, in verità – di tanta elettricità rinnovabile per fare il loro dovere. Una fabbrica di cemento consuma in media 250 megawatt di energia, principalmente in forma di calore, l’equivalente di 250.000 abitazioni; come ha scritto il Mit Technology Review, per elettrificare un grosso complesso industriale bisognerà installare tanti pannelli e turbine quanti servono per alimentare una piccola città.

D’altra parte, le batterie di calore possiedono delle qualità che le rendono utilizzabili anche nello stoccaggio in rete. Per sopperire all’intermittenza di eolico e solare e garantire il soddisfacimento della domanda elettrica in ogni momento della giornata, c’è bisogno di una capacità di accumulo energetico che vada a colmare i “buchi” di generazione quando non c’è vento né sole. Questa capacità viene di solito fornita dalle batterie agli ioni di litio, che però costano tanto e perdono la carica dopo qualche ora. Le batterie di calore hanno un’ottima efficienza di conversione (non si spreca elettricità nel passaggio), sanno conservare il calore a lungo (quelle di Rondo hanno una perdita giornaliera inferiore all’1 per cento) e permettono di ritrasformare il calore ricevuto in elettricità da immettere in rete. I mattoni, inoltre, richiedono una materia prima economica e abbondante: l’argilla.

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