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Il disegno di legge sul made in Italy preoccupa le startup. Perché toglierebbe 300 milioni di euro di aiuti. A denunciarlo è un comunicato congiunto diffuso dalle associazioni Innovup – Italian innovation & startup ecosystem, che riunisce e rappresenta l’ecosistema italiano dell’imprenditorialità innovativa, e Italian tech alliance, nella quale si riconoscono le realtà italiane del venture capital, degli investitori in innovazione e delle startup e pmi innovative.
Nella nota le due associazioni sottolineano che un comma del decreto, approvato il 31 maggio 2023 dal Consiglio dei ministri, prevede la revoca di 300 milioni di euro al fondo per il sostegno al venture capital costituito presso il ministero delle Imprese e del made in Italy. Questi soldi sarebbero dovuti andare a startup, piccole e medie imprese innovative e fondi di venture capital, ma sono stati dirottati dal governo Meloni verso un altro fondo per il made in Italy, che ha scopi totalmente diversi.
Travaso di fondi
Per le associazioni, tuttavia, togliere le risorse a questa realtà va in totale controtendenza rispetto allo scopo ultimo del ddl stesso, che si intesta la “valorizzazione e la promozione delle eccellenze e del patrimonio artistico-culturale nazionale”. Una descrizione nella quale le startup si riconoscono appieno. Motivo per cui ricusano il taglio degli aiuti.
Stando alle parole di InnovUp e Italian Tech Alliance, nessun governo prima di quello attuale si era spinto fino a tagliare le risorse del fondo per il sostegno al venture capital, istituito nel 2019 con “l’obiettivo di favorire la crescita delle nuove imprese tecnologiche e supportare l’economia dell’innovazione”. I direttori di InnovUp e Italian Tech Alliance, rispettivamente Giorgio Ciron e Francesco Cerruti, hanno chiesto un incontro urgente con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni per ricevere chiarimenti.
Da parte sua, Ciron ricorda che “startup e pmi innovative hanno generato, nel 2022, un fatturato di 9,5 miliardi di euro” e hanno contribuito alla creazione di nuovi posti di lavoro. Cerruti, invece, tenta l’affondo, affermando di essere determinato a mobilitarsi non solo per un dietrofront sul taglio, ma anche per ottenere un aumento dei fondi.