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E sono cinque. Cinque mesi senza un nome da mettere al timone del Fondo nazionale innovazione, nato per sostenere lo sviluppo delle startup in Italia. E non sembra che l’estate abbia portato consiglio al governo Meloni, che in altri casi, vedi l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, ha affidato la guida a un nome di fiducia senza pensarci due volte. L’impasse, nel caso del fondo partito nel 2020 sotto l’ombrello di Cassa depositi e prestiti (Cdp), la cassaforte che reinveste il risparmio postale, deriva dal fatto che dalle parti di Fratelli d’Italia non hanno un nome per contendere la poltrona all’attuale amministrazione delegato, Enrico Resmini. Che oltre a una strategia che nel 2023 ha portato a 3,1 miliardi di euro gli asset in gestione e al favore del mondo delle startup, ha anche l’appoggio dell’azionista di maggioranza di Cdp, il ministro dell’Economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti.
La benedizione del leghista è arrivata all’inizio di luglio. A margine di un evento, interpellato sul mancato rinnovo dei vertici del fondo, Giorgetti aveva auspicato “che l’amministratore delegato venga nominato il più presto possibile. Comunque al momento c’è un amministratore che sta facendo bene, non è che la società sia ferma“. Il messaggio tra le righe, come confermato da Wired da fonti vicine a Giorgetti, è quello di confermare Resmini. Il manager, prima in Vodafone e poi nella società di consulenza EY, è stato nominato a gennaio 2020. Ossia ai tempi della maggioranza giallo-rossa del governo Conte II, ossia Movimento 5 Stelle più Pd. Il Fondo nazionale innovazione è un progetto su cui avevano messo il cappello i grillini, a cominciare dall’allora ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio.
La situazione:
I traguardi economici
Al netto delle intestazioni politiche delle origini, il fondo, Cdp Venture Capital, ha saputo camminare con le proprie gambe. Lo evidenziano i numeri della società di gestione del risparmio (sgr): 3,1 miliardi di asset in gestione, un miliardo di capitale deliberato, 13 fondi attivati. E nonostante a fine marzo, con l’approvazione del bilancio 2022, il consiglio d’amministrazione sia scaduto, l’attività non si è fermata. Un esempio: tra giugno e luglio sono stati avviati due poli tecnologici. Sono Galaxia, dedicato allo spazio (30 milioni in dote), e Farming future, che destina 20 milioni alla filiera dell’agricoltura.
Tra le ultime fiche piazzate c’è anche l’investimento in Arduino, che ha consentito in pochi mesi alla società del tool open source per la prototipazione di portare a 54 milioni i finanziamenti raccolti nel round di serie B. O quello in Shop Circle, startup di ecommerce fondata da due italiani nel Regno Unito, che con un’iniezione di 120 milioni da vari sostenitori conta ora di crescere anche in madrepatria. Insomma, dal quartier generale vicino a Villa Torlonia a Roma traspare sicurezza. Tutto procede come se niente fosse. Più o meno.
Lo scontro nel governo
In settimana le due principali associazioni che rappresentano il mondo dell’innovazione nazionale, Innovup e Italian tech alliance, hanno denunciato lo scippo di 300 milioni di euro dal fondo per il venture capital dell’ex ministero dello Sviluppo economico, oggi delle Imprese e del made in Italy, guidato da Adolfo Urso, in quota Fratelli d’Italia. Quei soldi sarebbero finiti nella massa di risorse che Cdp Venture Capital immette sul mercato, sotto forma di investimenti diretti in startup o in liquidità affidata ad altri fondi. Il governo, invece, ha deciso di trasferirli al nascente fondo sul made in Italy, suo provvedimento bandiera. Risultato? Le startup si sono allarmate e chiedono di incontrare la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.