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Gli Stati Uniti non sono in possesso di “alcuna prova” utile a dimostrare che Huawei stia effettivamente realizzando smartphone producendo in autonomia chip “a sette nanometri su larga scala”. Lo ha affermato martedì 19 settembre nel corso di un’audizione alla Camera la segretaria al Commercio degli Stati Uniti, Gina Raimondo, come riporta l’agenzia Reuters.
In particolare, l’attenzione dell’esecutivo a stelle e strisce è stata posta sul chip Kirin 9000s contenuto nel nuovo smartphone del colosso cinese, il Mate 60 Pro, che secondo alcuni analisti sarebbe di fatto un processore avanzato da sette nanometri che Huawei avrebbe prodotto proprio nel paese asiatico, in sinergia con la Semiconductor Manufacturing International Corp (Smic).
Questo nonostante gli Stati Uniti abbiano interdetto dal 2019 il colosso di Shenzhen dalla possibilità di accedere ad alcuni strumenti utili alla produzione di semiconduttori avanzati, per questioni legate a presunte minacce alla sicurezza: per il governo, l’azienda cinese rappresenterebbe infatti, per via del suo operato, una minaccia in termini di spionaggio sulle reti di telecomunicazione.
È dunque evidente come il dipartimento del Commercio possa essersi mosso per studiare a fondo la situazione al fine di scongiurare l’ipotesi che “il carattere e la composizione” di Kirin 9000s siano realizzati con tecnologia statunitense, eventualità che violerebbe le restrizioni commerciali. Più di un dubbio, in questo senso, era stato sollevato dagli analisti di TechInsights, che, analizzando i video di smontaggio pubblicati e i test di velocità condivisi dagli acquirenti del Mate 60 Pro, si erano fatti l’idea che esso fosse in grado di raggiungere velocità di download molto superiori a quelle dei telefonini di fascia alta che supportano il 5G.
In particolare, il tecnico Dan Hutchinson aveva definito la vicenda “uno schiaffo in faccia” agli Stati Uniti, considerando che il lancio del prodotto era arrivato in concomitanza con la visita in Cina proprio della segretaria al Commercio Raimondo.