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Ora è ufficiale: dalla zona d’ingresso della miniera San Romedio, in Val di Non, dove abitualmente si vedono uscire camion carichi di roccia ed entrare i camion pieni di mele, passeranno i computer. Proprio qui, infatti, prenderà forma il Trentino data mine, il secondo grande data center finanziato attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), dopo il Polo strategico nazionale.
Le redini del progetto sono in mano all’Università di Trento, con responsabilità scientifiche e guida del cantiere, e il data center sarà realizzato da un consorzio di imprese che include Covi Costruzioni, la società informatica Dedagroup, il gruppo software Gpi, specializzato in sanità, e l’Istituto atesino di sviluppo (Isa). La cordata ha il compito di realizzare l’infrastruttura, attrezzare il data center e gestirlo in modo efficiente, mettendo la potenza di calcolo a disposizione di imprese ed enti pubblici.
Nel cuore della montagna
Il costo totale del progetto ammonta a 50,2 milioni di euro, finanziati da fonti pubbliche per un totale di 18,4 milioni di euro e da risorse private per circa 31,8 milioni di euro. Questo ambizioso progetto sfrutterà l’ampia superficie della miniera dell’azienda Tassullo, che copre oltre 80.000 metri quadrati. Originariamente destinata all’estrazione di dolomia, una materia prima di grande valore per la produzione di calce idraulica naturale, questa area è stata recentemente adibita a diverse finalità, tra cui la conservazione delle mele e la fermentazione dello spumante, dove il controllo rigoroso della temperatura riveste un ruolo fondamentale.
Oggi, però, questi spazi subiranno una notevole trasformazione. Il Trentino data mine sarà un data center all’avanguardia perché la miniera, immersa in centinaia di metri di roccia viva, offre una protezione naturale da interferenze elettromagnetiche e da eventi naturali. Inoltre, contribuisce al risparmio di suolo, promuove la sostenibilità ambientale e offre la possibilità di sfruttare fonti di energia rinnovabile.
Il mercato dei data center sta attraversando un periodo di notevole crescita e trasformazione. Secondo le analisi del centro studi Gartner, nel 2020 i servizi basati su cloud hanno registrato una crescita degli investimenti pari al 18,8%, raggiungendo un valore globale di circa 4 miliardi di euro, mentre il settore dei big data è cresciuto dell’8,7%, con un valore pari a 1,2 miliardi di euro. Questo trend positivo sembra destinato a proseguire, poiché le previsioni per i prossimi cinque anni indicano un ulteriore aumento del 10,8% nei servizi di consulenza nell’ambito del business digitale.
Gli obiettivi
Trentino data mine permetterà di potenziare la rete di collegamento già esistente tra le istituzioni di ricerca, le aziende, le infrastrutture tecnologiche presenti sul territorio, in particolare nell’ambito della salute, della sicurezza digitale, della gestione dati e finanziaria. Oltre all’Università di Trento, avranno un ruolo importante anche la Fondazione Bruno Kessler, un centro di ricerca, e Eit Digital, ecosistema di innovazione. Saranno anche coinvolti la Fondazione Hub Innovazione Trentino e Trentino Sviluppo.
Il data center sosterrà sviluppi nei campi dell’intelligenza artificiale nell’analisi di grandi quantità di dati e nella manutenzione predittiva, del super calcolo (high performance computing – Hpc), dell’edge Computing (un modello in cui l’elaborazione dei dati avviene il più vicino possibile al punto in cui questi vengono generati) e della cybersicurezza. In questo specifico ambito l’obiettivo del Trentino data mine è quello di adottare il paradigma “zero-trust”. Ossia, dopo aver creato un perimetro sicuro che protegge le reti del data center, istituire un sistema di autenticazioni prima di procedere con ogni attività, in modo da evitare accessi indesiderati e incursioni di cyber criminali.