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C’era una volta il western, il genere cinematografico americano per eccellenza. Col tempo è stato rielaborato molto più a est e molto più a ovest, dall’Italia all’Asia, ben lontano da “Far West. Song of the Bandits, ora su Netflix, è un western, il classico monumentale western di frontiera con i fuorilegge, i ribelli, i pistoleri infallibili e lande infinite e desertiche, quelle del Gando (o Jiandao) in Manciuria, nella Cina nordorientale. La regione, durante i turbolenti anni Venti, è popolata di coreani insediatisi durante la dominazione giapponese, desiderosi di rivendicare la propria terra. Gli esponenti di queste tre culture sostituiscono pellerossa, messicani e visi pallidi, ma le dinamiche sono le stesse. Song of the Bandits segue Lee Yoon (Kim Nam-Gil) un coreano ex schiavo ed ex soldato dell’esercito giapponese che, deluso e amareggiato, si rifugia in Gando dove diventa un bandito a cavallo. Dal suo passato, in questi stessi luoghi dimenticati da Dio e dalla legge tornano a perseguitarlo gli spettri del suo passato. Sono Lee Gwang-Il (Lee Hyun-Wook), il suo ex padrone insicuro e vendicativo diventato un ufficiale militare giapponese con il nome di Miura, e Nam Hee-Shin (Seohyun), di origini nobili, amata da entrambi e spia dei ribelli.