martedì, Dicembre 3, 2024

Rating del debito italiano, come funziona

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Dopo aver approvato la sua seconda legge di bilancio, il governo Meloni è atteso dallo spauracchio del rating. Il 20 ottobre, con la comunicazione di Standard & Poor’s, inizia infatti un periodo in cui il debito italiano sarà oggetto delle valutazioni da parte, tra le altre, delle tre principali agenzie globali, chiamate come riporta Il Sole 24 Ore a pronunciarsi sull’affidabilità del nostro paese. A S&P seguiranno il 10 novembre Fitch Investors Service e sette giorni dopo Moody’s.

Se il 21 aprile e il 12 maggio scorsi le prime due avevano confermato entrambe il rating italiano al livello BBB con prospettive stabili, la primavera aveva visto invece Moody’s scegliere di non aggiornare il rating. Al momento l’Italia è classificata dall’agenzia a Baa3 con prospettive negative: un eventuale declassamento sposterebbe il nostro paese nella cosiddetta categoria junk. Ossia spazzatura. Ma come funziona il rating? Come operano le varie agenzie?

Il rating

Le realtà come S&P, Fitch e Moody’s sono soggetti indipendenti che esprimono un giudizio sulle capacità di una società di pagare o meno i propri debiti. In riferimento al debito degli Stati, essendo questi ultimi i maggiori debitori in assoluto, le agenzie valutano e classificano i titoli del loro debito a seconda dell’attitudine dell’emittente di far fronte ai propri impegni in base a scadenze prestabilite.

Le tre principali agenzie stimano il rating seguendo un approccio qualitativo. In particolare, S&P, Fitch e Moody’s utilizzano valutazioni che non sono automatiche, ma frutto del lavoro e dello studio di esperti chiamati ad analizzare una serie di informazioni ad ampio spettro, senza seguire uno schema rigido, arrivando ad assegnare un punteggio stabilito secondo una scala di valori alfabetica. Per Standard & Poor’s e Fitch i giudizi variano da “AAA”, valore che indica il grado più alto di solvibilità, alla D, con cui viene identificato lo stato di insolvente. Il metodo di Moody’s è leggermente diverso, poiché prevede come rating più basso la C.

Generalmente, un rating minimo della tripla B è considerato un investment grade, cioè un investimento relativamente sicuro sul quale indirizzare i propri capitali. Al di sotto di tale soglia, un titolo acquista invece una rischiosità molto elevata. E pertanto molti fondi sono tenuti per statuto a vendere titoli che scendono sotto questa classificazione. Un duro colpo per il debito italiano.

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