Questo articolo è stato pubblicato da questo sito
Dopo gli scrittori e la causa intentata a OpenAI e Meta per presunta violazione del diritto d’autore, cioè l’uso non autorizzato dei loro romanzi per addestrare i grandi modelli di linguaggio utilizzati da ChatGPT e Llama, sono arrivati anche i musicisti a reclamare una violazione delle leggi sul copyright. Nell’occhio del ciclone questa volta c’è Anthropic e la loro IA chiamata Claude, accusata di avere copiato un gran numero di testi presi dal Web senza autorizzazione nella fase di addestramento.
Gli editori contro Anthropic
Nello specifico Universal Music, ABKCO e Concord Publishing hanno citato la startup fondata dagli ex dipendenti di OpenAI Dario e Daniela Amodei (in piena ascesa dopo il recente finanziamento da 4 miliardi da parte di Amazon) al tribunale federale del Tennessee. Per gli editori musicali che hanno intentato l’azione legale, la software house violerebbe i diritti degli editori riproducendo illegalmente i testi su richiesta. Quando un utente richiede a Claude di fornire i testi di canzoni “il chatbot fornirà risposte che contengono tutte o parti significative di quei testi”, specifica la denuncia. Lo ha fatto per Roar di Katy Perry (i cui diritti sono di proprietà di Concord), I Will Survive di Gloria Gaynor (un brano della Universal) e You Can’t Always Get What You Want dei Rolling Stones (una traccia di ABKCO), ha riferito la rivista musicale Rolling Stone. Anche se ripubblicare i testi è una pratica comune per siti come Genius o LyricFind, questi hanno stipulato accordi di licenza con gli editori musicali pagando loro delle quote.
Ma la violazione non riguarda solo la possibilità di esplicitare testi musicali protetti da diritto d’autore. Secondo l’accusa il modo in cui Anthropic ruberebbe i testi sarebbe molto più sibillino. “I modelli di intelligenza artificiale di Anthropic generano output contenenti i testi degli editori anche quando ai modelli non viene specificamente chiesto di farlo”, sostengono i querelanti. Per esempio, quando vengono fatte richieste più ampie. Richieste tipo scrivere una canzone sulla morte di Buddy Holly o trasferirsi da Filadelfia a Bel Air spingono Claude a produrre risultati quasi identici a canzoni esistenti: American Pie di Don McLean e la sigla di Willy, il principe di Bel-Air di Will Smith”. O ancora – specifica Rolling Stone – quando i querelanti chiedono a Claude di “scrivere un breve racconto nello stile di Louis Armstrong”, il modello di intelligenza artificiale risponde copiando parti significative del testo di What a Wonderful World.
La legge sul copyright è da rivedere?
Le richieste di risarcimento degli editori non includono solo la violazione diretta del copyright, ma anche quella indiretta e la rimozione o alterazione delle informazioni sulla gestione del copyright. I querelanti chiedono fino a 150.000 dollari per opera violata. Matthew J. Oppenheim, l’avvocato che rappresenta gli editori nella causa, ha dichiarato che “È stabilito dalla legge sul copyright che un’entità non può riprodurre, distribuire e visualizzare le opere protette da copyright di qualcun altro per costruire la propria attività a meno che non ottenga il permesso dei titolari dei diritti. Proprio come innumerevoli altre tecnologie, le società di intelligenza artificiale devono rispettare la legge”.
Questa – come le precedenti cause che hanno coinvolto l’addestramento delle IA generative (o emulative secondo molti) – è un’altra bordata che scuote le fondamenta del sistema di addestramento delle IA, basato nell’inglobare dati e opere che sono a disposizione in rete. Se colossi come OpenIA, Meta e Anthropic, (che nel frattempo è stata valutata 5 miliardi di dollari), dovessero pagare per dare in pasto le opere dell’ingegno alle loro AI diverrebbe molto più difficile istruire gli algoritmi e quasi certamente sarebbe per loro molto più oneroso, molto di più di quello che è adesso. Costi che rallenterebbero l’ascesa di queste nuove applicazioni e di sicuro ne danneggerebbero la diffusione massiva.