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È ovvio che non si tratta di una passeggiata. È improbabile che Hamas, come entità etno-teocratica, subisca un processo di moderazione in questo scenario. Ne va della sua natura intrinseca, e gli sforzi per riformarla potrebbero essere vani.
Ma proprio per questo sia Israele, come indiscussa potenze economica e militare nella regione, che gli Stati Uniti come nazione più armata e ricca della Terra hanno una responsabilità cruciale nel compiere passi per portare un cambiamento positivo nei Territori, e provare a integrarli in un ordine democratico, plurale e in un sistema di welfare che renda superfluo quello di Hamas. Formazione che, peraltro, non si confronta con le elezioni dal 2006, e potrebbe non godere di un consenso democratico così stabile. Va da sé che questo fardello non sia gradito dalla maggior parte degli israeliani medi, ma non può esistere un percorso valido verso la pace per loro senza assumersi questa responsabilità.
Stato ebraico o democratico?
Tuttavia, prima ancora di questa montagna da superare, è proprio l’etno-nazionalismo israeliano a fare da ostacolo: uno Stato unico potrebbe portare i palestinesi a superare numericamente gli ebrei a causa della crescita demografica. Questo si tradurrebbe nella la fine di Israele come Stato ebraico e democratico o, come ha affermato con rassegnazione l’ex primo ministro israeliano Ehud Barak, nella creazione di uno Stato di apartheid, che priva di diritti politici, libertà economica e giustizia i 4,7 milioni di palestinesi, causando instabilità permanente per Israele e ulteriore risentimento nel mondo arabo.
Sembrerebbe la soluzione più ovvia quella di far condividere sia a israeliani che palestinesi la terra di Canaan, con un impegno assoluto per il disarmo e un sistema parlamentare rappresentativo nel quale fare politica, come succede nella maggior parte delle democrazie. Ma se l’incremento di una popolazione etnica minaccia l’identità di uno Stato, questo non indica in sé una situazione premoderna? Non ci suggerisce un’incompatibilità di quello Stato con la modernità?
Forse, conoscendo la risposta, il sostegno rassegnato a una soluzione a due Stati anziché uno è stato la policy degli Stati Uniti fin dall’amministrazione di George W. Bush, in quanto potrebbe garantire che Israele rimanga una democrazia a maggioranza ebraica e, al contempo, offrire giustizia ai palestinesi. Questo progetto gode tuttora di un ampio sostegno nell’elettorato statunitense, anche all’indomani dell’atroce attacco di Hamas del 7 ottobre, che ha causato la morte di circa 1.300 israeliani e scatenato la risposta militare di Israele, con oltre 6.000 vittime palestinesi e una catastrofe umanitaria.