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La sovranità europea fa i conti con la convenienza. Lo scorso 30 ottobre, in una nota pubblicata sul proprio sito, Oracle ha annunciato che la Commissione guidata da Ursula von der Leyen ha accettato di incorporare Oracle Cloud Infrastructure (Oci) e i servizi della sua piattaforma tra le offerte del settore cloud che le istituzioni comunitarie hanno a disposizione.
L’accordo, che arriva al termine di una procedura d’appalto competitiva, avrà una durata di sei anni e consentirà a decine di organi e agenzie dell’Unione europea di accedere a oltre cento servizi di Oracle e di sfruttare le funzionalità del cloud computing. Non è noto il volume dell’appalto.
L’Unione europea si aggiunge a una lista, quella dei clienti della multinazionale del settore informatico di Austin, che conta oltre mille organizzazioni del settore pubblico, tra le quali il governo del Regno Unito, quello olandese, quello federale australiano e il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, che si servono di Oracle Cloud Infrastructure per modernizzare le proprie operazioni e accelerare la trasformazione digitale.
Il tema non è di qualità. Oracle possiede aziende come Java, MySQL e NetSuite, marchi leader nel mondo dell’informatica. E ha esperienza in ambito cloud. Ma fa specie che Bruxelles, che ha a lungo tuonato contro i colossi statunitesi della nuvola e ha ideato varie alleanze, più o meno riuscite per tenerle fuori, guidate dal commissario al mercato interno, il francese Thierry Breton, fautore di una sovranità industriale europea, alla fine si affidi proprio a una di quelle aziende che voleva lasciare a bocca asciutta.