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La data cerchiata in rosso è il 10 novembre. Entro quella scadenza le piattaforme di crowdfunding che vogliono continuare a raccogliere fondi per finanziare attività e progetti di impresa in Italia dovranno avere ottenuto la licenza prevista dal regolamento europeo del settore. Pena: tirare i remi in barca. L’Italia arriva con un anno di ritardo ad assegnare i patentini rispetto al resto d’Europa, che già dal 2022 riconosce le autorizzazioni. E in queste ore la Consob, la Commissione predisposta alla sorveglianza sui mercati, sta valutando le domande e dando i primi via libera. Tre le piattaforme finora autorizzate: Buildbull, Concrete e Fundera. Altri nomi sono pronti ad allungare la lista, benché, riconoscono gli esperti del mercato, il processo di autorizzazione sfoltirà il numero di operatori.
Cosa cambia:
Il regolamento europeo
Andiamo con ordine. E riavvolgiamo il nastro al 2020, quando l’Unione europea licenzia il regolamento 1503 sui fornitori di servizi di crowdfunding. Obiettivo: creare un mercato unico più competitivo e tutelare i potenziali investitori, soprattutto quelli non professionali. Il campo è quello dell’equity crowdfunding (raccolta di capitali per avviare progetti di impresa ottenendo in cambio una quota della società) e del lending (che si sostanzia come prestito). Non entra invece nel campo delle piccole donazioni.
Il regolamento, che in quanto tale è direttamente precettivo e non ha bisogno di adozioni locali, prevede che ogni piattaforma chieda licenza di operare in uno dei 27 Stati dell’Unione. Grazie a quella potrà operare su tutto il mercato comunitario. Gli operatori potranno occuparsi sia di campagne di equity sia di lending sulla stessa piattaforma e creare bacheche elettroniche per la vendita di quote e prestiti (già previste in Italia). Agli investitori non professionisti saranno sottoposti test sulle conoscenze finanziarie e test sulla capacità di sostenere una perdita.
I primi autorizzati
Il fischio d’inizio era fissato al 10 novembre 2022. Ma Roma ha chiesto un anno di proroga, perché si è incartata sull’adozione del regolamento. L’Italia ha nominato due autorità competenti in materia: la Consob, che è quella prevalente, “per l’esperienza maturata a gestire i portali di equity”, ricorda l’avvocato Alessandro Lerro, fondatore di Avvocati.net ed esperto in materia, e Banca d’Italia. Il prossimo 10 novembre, però, il regolamento diventa pienamente operativo anche in Italia. Al momento sono tre gli operatori che hanno ottenuto il semaforo verde della Consob: Buildbull, Concrete e Fundera. Le prime due, spiega a Wired Giancarlo Giudici, professore ordinario della School of management del Politecnico di Milano, “operano in campo immobiliare, mentre la terza è specializzata in minibond”. Altri nomi sono in arrivo nelle prossime ore e qualche autorizzazione arriverà appena dopo il 10.
Le richieste
Lerro spiega che “a luglio avevano depositato richiesta di licenza quindici degli 85 portali di crowdfunding italiani e dopo agosto erano saliti a quaranta. Alcuni chiuderanno: la situazione è complessa e non si giustifica, secondo miei calcoli, se non hai circa 20 milioni di giro d’affari annuale”. Gli adempimenti sono importanti: conformità alle regole, gestione dei rischi, adeguatezza della struttura, copertura finanziaria. Alcuni operatori denunciano richieste molto gravose: come la richiesta di modificare lo statuto, magari a società con centinaia di soci, o di togliere i diritti di veto.
Non solo: le modifiche costano. “Tra i 20 e i 60mila euro a piattaforma solo per gli adempimenti obbligatori. Ma la spesa totale potrà essere molto più alta, perché va rivista anche tutta la parte di due diligence e di user experience delle attuali piattaforme. A partire, per esempio, dalla localizzazione dei siti”, calcolava per Wired Angelo Rindone di Crowdcore, società che sviluppa software per le piattaforme di crowdfunding.
All’estero
Motivo per cui ci si immagina una razionalizzazione del settore, con meno portali ma con le spalle più larghe, e l’affacciarsi di nuovi operatori. Buildbull è una new entry, per esempio, benché dietro ci sia Folkfunding, la società di Produzioni dal basso (la più importante piattaforma di crowdfunding mediante donazione in Italia). Buildbull, sede a Roma, ha fatto domanda il 20 giugno per entrare nel mercato del crowdfunding immobiliare, dove già opera da tempo Concrete, con 57,1 milioni di euro piazzati in 29 operazioni sul mattone. Fundera, invece, si è specializzata in minibond, ossia obbligazioni emesse da società anche non quotate per raccogliere capitale in maniera alternativa alla Borsa. L’Italia arriva ultima in Europa. “La Germania ha una regolamentazione severa come la nostra, tanto che ha autorizzato il primo portale pochi giorni fa – dice Lerro – mentre paesi nordici, Olanda, Francia e Spagna hanno maglie più larghe”. Proprio in Spagna, attraverso una consociata, ha ottenuto nel 2022 l’autorizzazione a operare il portale italiano EvenFi.
“Sarà interessante vedere quali portali esteri chiederanno autorizzazione anche per operare in Italia – suggerisce Giudici -. Qualche avvisaglia c’è già”. All’Autorità europea per i beni e i mercati (Esma), il regolatore comunitario, qualcuno si è già fatto avanti. Dei 75 registrati, al 30 ottobre risultava che 12 avessero richiesto anche l’Italia. A parte EvenFi, sono i portali immobiliari Estateguru, Urbanitae, Raizers e Crowdestate (questi ultimi due colossi del settore), mentre in ambito societario/finanziario si collocano giganti come October e Crowdcube e altri come Wefunder, Fundeen, Enerfip, Crowdhero.