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Vi Presento Joe Black fu uno dei film più divisivi degli anni ’90. Ancora oggi è molto difficile trovare due persone che la pensino allo stesso modo su questo melodramma fantasy, uscito esattamente 25 anni fa e che riproponeva sul grande schermo La Morte Va in Vacanza, opera teatrale di Alberto Casella. Un film sicuramente imperfetto ma che merita di più lodi di quante ne ebbe all’epoca, per bellezza, sensibilità e per come ha saputo darci una Morte diversa dal solito.
Un film sull’importanza di vivere liberi dalla paura
Vi Presento Joe Black non ha la raffinatezza e il perfetto equilibrio tra melodramma ed estetica della versione diretta da Mitchell Leisen nel 1934, su questo bisogna essere chiari. Martin Brest, regista tra i più sfortunati e incompresi della sua generazione, in quel 1998 creò un film molto hollywoodiano nella confezione, ma allo stesso tempo distante dal mainstream puro e semplice. La commedia in tre atti scritta nel 1923 da Casella, finì ambientata nel Rhode Island, dove il magnate delle comunicazioni Bill Parish (Anthony Hopkins), sulle soglie del suo 65° compleanno, deve decidere se accettare o meno la proposta di fusione da parte di un concorrente poco gradito. Bill ha due figlie: Alison (Marcia Gay Harden), la maggiore, sposata con il fido Quince (Jeffrey Tambor) e Susan (Claire Forlani), la minore, fidanzata con l’astuto e arrivista Drew (Jake Weber), membro del direttivo di Bill. Proprio Susan mentre studia in una caffetteria, viene corteggiata da un giovane avvenente. Il colpo di fulmine tra i due pare senza esito, ma il ragazzo poco dopo viene investito mortalmente da un’auto. Sarà quel corpo che la Morte (Brad Pitt) sceglierà per cominciare un viaggio sulla Terra, con cui cercare di apprendere qualcosa di più sull’umanità, ma soprattutto sull’amore, a cui Bill ha sempre dato grande importanza. Bill dovrà fargli da guida, siglando un accordo che vedrà la sua dipartita (di cui aveva avuto la premonizione) venire ritardata fino a quando la Morte vorrà rimanere in visita sulla Terra per così dire, e potrà così congedarsi senza lasciare nulla in sospeso.
Vi Presento Joe Black, opera una sorta di variazione del celeberrimo Dottor Faust, ma si connette anche alla Divina Commedia e a alla visione di John Milton. Il patto tra Bill e la Morte, di fatto vede il primo come una sorta di Virgilio, in cambio di una delazione che, in realtà, avrà maggior influenza sul tristo mietitore che su di lui, visto che la Morte si innamorerà proprio di Susan. Anthony Hopkins donò senza ombra di dubbio un grande charme, carisma e complessità al suo Bill, fu anche capace di decostruirne il ritratto di supposto vincente. Bill è tormentato da dubbi, sensi di colpa, nonché da una paura della morte in certi momenti assolutamente opprimente. Vi Presento Joe Black andando oltre la patina glamour e una scrittura oggettivamente non sempre equilibrata, rimane però una delle analisi cinematograficamente più interessanti sul nostro rapporto con il concetto di altrove. Brad Pitt, qui bello da far paura, ha sempre considerato il film uno dei più sbagliati della sua carriera, ed anche la critica all’epoca fu abbastanza severa; ma forse dopo 25 anni, bisogna ammettere che la sua Morte è perfetta per l’ambiguità che la caratterizza. Dopo tanto tempo dell’umanità sa poco o nulla, appare spesso un bambino spaesato e pasticcione, ma poi torna ad essere raggelante per cinismo, egoismo e il terrore che sa di emanare. Eppure, il sentimento verso Susan lo porterà verso una maturazione che gli permetterà di abbracciare il concetto di empatia e di amore come innanzitutto altruismo.
L’importanza di una visione diversa della fine
Vi Presento Joe Black grazie ad una bellissima fotografia di Emmanuel Lubezki, alle musiche di Thomas Newman e alla scenografia grande Dante Ferretti, riesce spesso (non sempre) a non far trasparire il suo eccesso di verbosità e lentezza. Il film è però un accattivante viaggio sul senso della vita, non tanto caratterizzata dagli oggetti materiali o vittorie, ma soprattutto dai sentimenti, per primi quelli che lasciamo negli altri. Bill rappresenta una persona che è stata capace di vivere il suo percorso su questa terra con coraggio, conscio che non sia una verità da estrapolare ma un’esperienza da abbracciare in divenire. Lui, un magnate che ha avuto dalla vita successo, potere, soldi, si fa portatore di una visione dove l’ignoto diventa un terreno fertile in cui l’immaginazione, così come la mancanza di una certezza, non sono più un pericolo ma al contrario una risorsa. “Dovrei avere paura?” chiede Bill alla fine alla Morte. “Non un uomo come te” risponde quest’ultima, ricordandogli che in lui non vi deve essere rimpianto, riconoscendogli la credibilità di un percorso in cui ha saputo sempre essere critico ma non pessimista. Vi Presento Joe Black continua ad esercitare a dispetto dei suoi difetti un fascino è un’attrattiva uniche, questo in virtù soprattutto di una coesione straordinaria tra gli interpreti. Anthony Hopkins e Brad Pitt, il loro continuo scontro e dialogo intimo e mai banale, a dispetto di rapporti di forza assolutamente inconciliabili, è in realtà un percorso comune verso il superamento dei propri limiti.
Ma è la chimica tra Claire Forlani e il futuro Jack Conrad di Babylon ad essere il segreto vincente, soprattutto per quello che riguarda la rappresentazione nella vita reale di un rapporto sentimentale. Non ci credete? Ripensate alla scena del loro primo incontro al bar: vi è un realismo e una verosimiglianza, con l’aggiunta di una componente di umanissimo imbarazzo, semplicemente incredibili che contribuiscono a farne una sorta di contenitore universale. Al di là dei loro visi e corpi perfetti, Vi Presento Joe Black ci mostra anche la decostruzione e maturazione da parte della componente maschile, a tratti incredibilmente possessiva ed egoista. La Morte infatti finirà per capire che in realtà era di quel ragazzo, Joe, incontrato nella caffetteria, che Susan si era innamorata. Salverà Bill dal vedere la sua eredità perduta spacciandosi per Agente dell’Agenzia delle Entrate (solo le tasse eterne come la morte no?). I sentimenti come parte dominante della vita? Un principio che tutti ripetiamo, ma che poi, nella quotidianità, sovente soffochiamo. Un film incostante? Si, certo. Ma anche, come riconobbe la critica all’epoca, ricco di qualità, su tutte la volontà di andare oltre una visione della Morte della vita come negazione della nostra esistenza, quanto piuttosto come inevitabilità da abbracciare esaltando ciò che vi era prima. A distanza di 25 anni, Vi Presento Joe Black pur nella sua accezione di film studiato per il grande pubblico, continua a saper regalare emozioni, ad essere distante dalla mediocrità che oggi operazioni analoghe abbracciano senza alcun ritegno.