giovedì, Aprile 24, 2025

Ex Ilva, cosa sta succedendo

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AncelorMittal chiude le porte al governo e per l’ex acciaieria Ilva di Taranto si potrebbero aprire quelle del commissariamento. L’incontro dell’8 gennaio tra l’esecutivo e il colosso nato nel 2006 dalla fusione tra l’indiana Mittal Steel Company e l’europea Arcelor ha visto la delegazione governativa proporre “ai vertici dell’azienda – si legge in una nota di Palazzo Chigila sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale, pari a 320 milioni di euro, così da concorrere ad aumentare al 66% la partecipazione del socio pubblico Invitalia, unitamente a quanto necessario per garantire la continuità produttiva”.

Di contro, il governo ha trovato però un muro da parte della società che attualmente detiene il 68% delle quote di Acciaierie d’Italia, un’indisponibilità “ad assumere impegni finanziari e di investimento”, fanno sapere dall’esecutivo. Motivo per cui da Palazzo Chigi hanno sollecitato Invitalia, società pubblica dedicata a investimenti nelle imprese e socia dell’ex Ilva, ad “assumere le decisioni conseguenti, attraverso il proprio team legale” e a convocare i sindacati per il pomeriggio dell’11 gennaio.

Il caso

Ma come si è arrivati a questa situazione? Dopo essere finita al centro di inchieste giudiziarie nel 2012, l’acciaieria pugliese realizzata nel 1960 è stata commissariata. Successivamente è stata venduta ad ArcelorMittal, multinazionale del segmento siderurgico che fa capo alla famiglia indiana Mittal. Ne è nata la newco Acciaierie d’Italia, partecipata al 68% da ArcelorMittal e al 32% dallo Stato attraverso Invitalia. Il socio di maggioranza, però, non vuole più investire soldi. L’azienda è a corto di liquidità e si calcola che abbia accumulato debiti per 1,5 miliardi di euro. L’ex Ilva sta lavorando ai minimi storici, con conseguenze sulla tenuta occupazionale, sul mantenimento dell’impianto e sulla capacità dell’Italia di competere ancora in un settore strategico come quello siderurgico. L’ex Ilva dà lavoro a 10.500 operai e a decine di aziende dell’indotto. Tutte persone e imprese colpite dal fermo degli ultimi mesi.

Secondo quanto riferisce Il Sole 24 Ore, nel corso dell’incontro in agenda per i prossimi giorni l’esecutivo potrebbe annunciare ai rappresentanti delle associazioni dei lavoratori le prossime mosse, che potrebbero portare a una nuova amministrazione straordinaria. Utilizzando una norma del decreto sulle misure urgenti per impianti di interesse strategico nazionale del 2023, il socio pubblico potrebbe infatti chiedere tale soluzione. A quel punto si aprirebbe però un lungo contenzioso con il socio privato. Anche per questo, sullo sfondo resta la possibilità di arrivare a una composizione negoziata di crisi, una procedura stragiudiziale che consentirebbe di attivare misure protettive a tempo utili a evitare che i creditori aggrediscano il patrimonio.

Nel frattempo, il governo lavora per individuare un nuovo partner industriale che possa subentrare al colosso presieduto da Lakshmi Mittal. Il nome più gettonato, in questo senso, è quello del gruppo siderurgico cremonese Arvedi, ma non è escluso che possano essere presi in considerazione anche altri produttori di acciaio del Nord Italia. Per i sindacati, che reputano “gravissima” l’indisponibilità di Mittal, l’auspicio è che l’incontro di giovedì porti a “una soluzione che metta in sicurezza tutti i lavoratori, compreso quelli dell’indotto, e garantisca il controllo pubblico, la salvaguardia occupazionale, la salute e la sicurezza, il risanamento ambientale e il rilancio industriale”.

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