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Neurochirurghi preparati come astronauti. Questo il concetto alla base del nuovo progetto Astro-Nets (Astronauts for Neurosurgery Training Scheme) che sfrutta i metodi dell’addestramento degli astronauti per migliorare la formazione dei neurochirurghi di domani, usando non solo tecnologie altamente specializzate ma anche l’allenamento di quelle soft skills fondamentali nella gestione di situazioni complesse e ad alto rischio. Grazie a un avanzato simulatore neurochirurgico, gli specializzandi che partecipano al programma possono allenarsi più volte su un’operazione specifica, arrivando in sala operatoria con una maggiore consapevolezza.
La prima linea formativa
Fabio Lovati
Per capire l’importanza dell’utilizzo di questo avanzato simulatore basti pensare che il classico modello di training è quello dell’apprendistato: lo studente osserva il neurochirurgo per centinaia di volte e poi comincia lui stesso a operare direttamente sul paziente: “Oggi grazie all’avanzamento della tecnologia si può colmare il passaggio dal vedere al fare attraverso un “esercizio” che non è più sul paziente perché si utilizza una macchina” spiega Francesco DiMeco, direttore del Dipartimento di Neurochirurgia dell’Istituto Nazionale Neurologico Carlo Besta di Milano, che è tra gli organizzatori del progetto.
Questa tecnologia permette di avere delle simulazioni di casi chirurgici di tipo virtuale, con macchine sofisticate che permettono di riprodurre l’ambiente della sala e il campo operatorio, per casi che vanno dal tumore cerebrale all’impianto di un catetere in un ventricolo, fino alla biopsia: “Queste macchine restituiscono addirittura la sensibilità tattile, la resistenza del cervello, la consistenza che cambia in un cervello con un tumore rispetto a uno senza, e tutto ciò aiuta a capire come viene effettuata una dissezione tumorale, sviluppando così le capacità tecniche manuali necessarie”. I dieci specializzandi della Statale che partecipano al programma sperimentale per un anno possono anche avvalersi di speciali modelli 3d: “Grazie ai modelli fisici pensati insieme alla facoltà di Fisica della Statale possiamo addirittura ricreare le condizioni di pazienti reali dove il cervello ha la stessa consistenza di quello del paziente, così come il suo tumore – prosegue il Professore – Lo studente si ritrova quindi a fare pratica con un modello in tutto e per tutto identico a quello che si ritroverà davanti in sala operatoria”.
La seconda linea formativa: l’addestramento sotto stress degli astronauti
Il secondo livello del progetto punta a sviluppare le capacità comportamentali e relazionali degli specializzandi per favorire e creare il concetto di team e lavoro di gruppo: “La realtà della sala operatoria non si compone solo dell’operatore centrale: c’è il ferrista, l’anestesista, il neurofisiologo, solo per citarne alcuni, ed è necessario che il neurochirurgo sia in grado di relazionarsi sia con i propri colleghi sia con il paziente, in situazioni di stress”. Un aspetto sempre più cruciale in interventi molto complessi, che prima non venivano realizzati, e che oggi invece rappresentano una buona parte del lavoro in sala operatoria: “Non esistono corsi per la cura di questo aspetto quindi grazie all’aiuto di facilitatori, psicologi e figure professionali che si dedicano allo sviluppo delle soft skills, gli specializzandi faranno sedute dove verranno portate all’estremo delle situazioni di disagio”. Se gli astronauti nell’addestramento vengono portati, ad esempio, in cave senza luce per una settimana, forzando il team a interagire e ad appoggiarsi uno sull’altro, allo stesso modo gli studenti, in speciali sedute outdoor, come nei rifugi in montagna, saranno sottoposti a stress test nei quali alleneranno queste abilità.
Il progetto vede il coinvolgimento anche del dottor Alessandro Perin, neurochirurgo del Besta e Direttore Scientifico del NeuroSim Center, centro di simulazione neurochirurgica all’avanguardia; Simone De Biase, presidente di Fondazione Heal che sostiene la ricerca neuro-oncologica; Simone Pozzi e Vanessa Arrigoni, CEO e Lead Consultant di Deep Blue, azienda italiana di ricerca e selezionata dall’Agenzia Spaziale Europea (Esa) per l’addestramento della nuova classe di astronauti. La speranza è che questo tipo di approccio diventi sempre più strutturale all’interno delle università: “Servono risorse, anche per i costi delle simulazioni e dei modelli fisici, e a oggi non sono molte le aziende che si dedicano a questo ambito – conclude DiMeco – Non c’è ancora molta sensibilità sull’argomento e c’è poco investimento. È importante invece sensibilizzare anche gli organi accademici affinché questi processi entrino a far parte del Cv formativo”.
Il progetto ha avuto un consulente d’eccezione, l’astronauta e ingegnere Paolo Nespoli: “È stato una preziosa fonte di confronto – sottolinea il dottor Perin -. Con lui e grazie alla sua grande esperienza, supportati da Deep Blue, abbiamo condiviso il tavolo di discussione sul progetto e creato Astro-Nets. Vogliamo capire se anche i neurochirurghi possono beneficiare di un addestramento ‘completo’, come avviene già per gli astronauti e per i piloti di aerei. Non è più accettabile formare i medici, compresi i neurochirurghi, mediante un apprendistato che procede anche per tentativi ed errori. Questo obiettivo sarà raggiunto solo quando il sistema formativo dei medici e dei chirurghi sarà standardizzato e armonizzato. Ci auguriamo che Astro-Nets ci permetta di continuare questo percorso verso il traguardo “sicurezza 100%””.