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Diventato famoso con The Millionaire, abbonato ai ruoli dell’indiano nei film inglesi e americani, solitamente preso per fare il secchione e dotato di un volto e di un fisico perfetti per le parti sensibili più che per quelle da duro, Dev Patel da qualche anno sta cercando di cambiare la sua carriera e smettere di essere “l’indiano rassicurante e non minaccioso”. Monkey Man non è solo un film d’azione in cui è protagonista (lo era già stato in Attacco a Mumbai), ma uno che lui ha scritto e diretto proprio con quello scopo! Questo è un film che ha un senso e coinvolge proprio perché pensa una storia di vendetta su un attore come Dev Patel, non un super uomo a cui hanno ucciso il cane come John Wick, ma qualcuno con la tenerezza negli occhi, che non dovrebbe sostenere quegli sforzi e che invece va oltre le proprie potenzialità spinto da qualcosa dentro di sé.
Monkey Man è sicuramente grossolano nei sentimenti (ma, di nuovo, è un elemento che viene dal cinema indiano, non è un difetto, semmai una caratteristica), e se lo può permettere proprio perché il suo protagonista appare come il contrario del superuomo. Dev Patel è sempre qualcuno che se ce la fa, ce la fa per un pelo. Quando entra in scena, ancora prima che accada qualcosa, è già in difficoltà, porta su di sé un peso sempre maggiore di quello degli altri. Un eroe d’azione così, in una storia così è perfetto. E non era per nulla scontato che, da regista, Patel potesse capire che posto occupi il proprio corpo e il proprio volto in una storia di grande azione e come usarlo. Ancora più difficile era ipotizzare che in questo tentativo di affermarsi come attore buono per ruoli d’azione, potesse girare uno dei film d’azione più interessanti dell’anno.