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Si guardi come Stevenson compone le inquadrature, anche solo i paesaggi, per farne qualcosa di strano e inquietante, come disponga gli oggetti nelle inquadrature per suggerire altro, come trucca e veste la persone, ma anche solo come lavora di dipinti e iconografia medievale per mettere nella testa degli spettatori l’immagine del demonio, ben prima che le battute lo sviliscano. Addirittura a un certo punto, in una delle molte allucinazioni della protagonista, va molto vicino a mostrare un parto senza censure, con grande abilità sfoca l’immagine, attira l’attenzione sulla parte di fantasia, svia con l’orrore ma di fatto mostra quasi tutto. Non è comune in questo tipo di film, che non devono avere svolazzi d’autore ma andare dritti alla soddisfazione di un pubblico il più largo possibile. Questi sono film di solito pavidi, che vogliono eseguire gli ordini e sembrare uguali a mille altri.
Omen – L’origine del presagio invece ha voglia di fare qualcosa di folle, nei limiti di un film per un grande studio di produzione, e soprattutto sa come farlo. Tocca dei momenti da Dario Argento, sfiora l’associazione tra politica e fantasia di Guillermo Del Toro, ha un immaginario molto materiale da horror anni ‘80 ma poi usa soluzioni da Rosemary’s Baby quando gli serve, addirittura cita film dell’orrore poco noti solo con le immagini. Insomma questo è un film che è impossibile non amare, anche se la sua trama è da quattro soldi, perché si agita e non vuole stare nelle regole, perché sogna di essere molto più di quello che è e dimostra di avere tutti i mezzi per farlo.