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L’intelligenza artificiale si ‘nutre’ di informazione tratte da opere e documenti pre-esistenti. L’AI è infatti ‘addestrata’ a riconoscere schemi e relazioni mediante informazioni raccolte con la tecnica dello scraping, che consiste nello ‘scandagliare’ il contenuto di siti e banche di dati presenti in rete. I dati così selezionati e memorizzati sono poi utilizzati per generare gli output alle queries degli utenti dei servizi di AI.
Naturalmente il contenuto di questi documenti – ad esempio testi, immagini grafiche, opere musicali, fotografie creative, opere audiovisive – è nella maggior parte dei casi protetto, tra l’altro, dal diritto d’autore o dai diritti c.d. connessi al diritto d’autore. I principi generali del diritto d’autore/copyright prevedono ovunque che l’autore (o il soggetto che ha acquistato i diritti dall’autore) abbia facoltà di autorizzare la copia ed elaborazione dell’opera che comporti la creazione di un’opera ‘derivata’, e cioè basata sull’opera protetta (in quanto ne riprenda gli elementi espressivi caratterizzanti). Allo stesso modo, nella maggior parte degli ordinamenti è previsto un divieto di sfruttamento dell’immagine (e voce) della persona (specie se nota) a fini commerciali senza il suo consenso, e l’immagine e gli altri attributi personali (ad esempio la voce) di individui riconoscibili sono spesso presenti nel materiale elaborato dall’IA.
È discusso se e in che termini gli output generati dall’AI possano considerarsi copie di opere precedenti (in quanto ne riprendono la forma con modifiche irrilevanti) o elaborazioni di lavori preesistenti (in quanto le elaborano conservandone i tratti espressivi essenziali). L’analisi va condotta caso per caso, ma esiste certamente un tema di possibile violazione dei diritti pre-esistenti da parte degli output dell’AI, che si basano sui ‘meccanismi di apprendimento’ sopra ricordati. Questo è stato riconosciuto a livello legislativo europeo dalla Direttiva Copyright che autorizza ‘le riproduzioni e le estrazioni effettuate da opere o altri materiali cui si abbia legalmente accesso ai fini dell’estrazione di testo e di dati’ come ‘eccezione’ legittima al diritto d’autore (art. 4.1).
Lo stesso testo tuttavia prevede che questa limitazione ‘si applica a condizione che l’utilizzo delle opere e di altri materiali …non sia stato espressamente riservato dai titolari dei diritti in modo appropriato …’ (art. 4.2). Dunque, se da un lato la norma europea riconosce che i processi di machine learning possono implicare attività che dovrebbero essere autorizzate dal titolare dei diritti, guardandole con favore e legittimandole in termini generali, d’altro canto la stessa norma riconosce che il titolare del diritto ha il diritto di opporsi a tali attività, confermando dunque così anche il suo diritto di bloccarle. D’altro canto, non esiste invece dubbio che l’utilizzo di output che mostrano il ritratto di una persona reale possono essere utilizzati solo con il suo consenso.
In questo quadro, è evidente che uno dei maggiori problemi posti dall’AI è contemperare gli interessi degli sviluppatori e utilizzatori, con quelli dei titolari di diritti pre-esistenti.