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Al cuore di Diva Futura, il film di Giulia Steigerwalt presentato in concorso a Venezia 2024, che racconta dell’omonima agenzia di pornostar di Riccardo Schicchi, c’è un’ambizione nascosta. Schicchi, a un certo punto della sua vita, è stato un personaggio televisivo, e quindi è diventato noto a un pubblico ampio. In tutto quel tempo non è mai apparso come un uomo affascinante né tantomeno come un modello maschile desiderabile. Diva Futura racconta il contrario: che una persona con l’atteggiamento, il carattere e il modo di fare di Riccardo Schicchi è invece un modello di relazione con le donne che è affascinante. E questa è la cosa più rivoluzionaria che si possa fare: mostrare il fatto vero che una persona opposta agli standard di virilità socialmente promossi era quella che conquistava i corpi e i cuori di quelle che in quel momento erano le donne più desiderate d’Italia. E in un certo senso, a fine film, conquista anche il pubblico.
Diva Futura non ha niente del cinema d’autore: è divertente, tenero e molto giocoso, e forse il suo difetto più grande è che in certi punti è pure troppo alleggerito e stilizzato verso la commedia, considerato che sono storie di persone realmente esistite. Questo è un racconto in fondo semplice, di un gruppo di uomini e donne ritenuti moralmente condannabili che invece ci appaiono oggi come un baluardo della morale contro la degenerazione dei tempi, mostrate come un punto di riferimento di etica e correttezza. Degli ideali più che delle persone. Non è, insomma, un film divertente perché grottesco, non ha quella lettura, né è d’altra parte realistico; sceglie una forma di narrazione molto pop, colorata e fumettosa che in Italia è rara e che, se da un lato tiene sempre alto ritmo e divertimento, ogni tanto non riesce a incastrarsi altrettanto bene con le parti più di cronaca.