domenica, Ottobre 6, 2024

Telegram, perché il caso è un monito per tutti i social

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Il fondatore di Telegram Pavel Durov è sempre stato un outsider tra i leader dei principali social media. Non è mai andato al Campidoglio americano per scusarsi degli errori commessi in passato come Mark Zuckerberg di Facebook. A differenza di Shou Zi Chew di TikTok, non è mai stato torchiato peri cinque ore al Congresso statunitense in un’audizione che doveva stabilire se la sua app stava spiando i cittadini. E non si è nemmeno mai prestato a partecipare a un imbarazzante video istituzionale con un Commissario europeo come Elon Musk di X.

Al contrario, Durov ha dedicato anni a coltivare la reputazione di Telegram, trasformandola in una piattaforma orgogliosamente anti-autorità. Nella pratica, questo ha significato ignorare le richieste governative di eliminare contenuti o svelare le identità degli utenti sospettati di gravi reati: “Ad oggi, abbiamo divulgato 0 byte di dati degli utenti a terze parti, governi compresi“, dichiara ancora l’azienda sul suo sito web.

Le accuse contro Durov

Ora Durov sta affrontando le conseguenze di queste scelte. La settimana scorsa la procuratrice di Parigi Laure Beccuau ha annunciato che il 39enne è stato messo sotto accusa dalla procura della Repubblica di Parigi per la complicità nella gestione di un servizio che permette di commettere una serie di reati e il rifiuto di trasmettere informazioni e documenti alle autorità francesi.

C’è stata una “quasi totale mancanza di risposta da parte di Telegram alle richieste giuridiche“, ha dichiarato la settimana scorsa Beccuau in una nota condivisa con Wired US. Durov deve rispondere di un’ampia gamma di accuse, tra cui complicità per aver consentito transazioni illecite, traffico di droga e diffusione di pedopornografia sulla sua piattaforma; ma la dichiarazione di Beccuau si è concentrata sulla riluttanza di Telegram a collaborare con le autorità, sia in Francia che in Belgio. “Questo è ciò che ha portato il Junalco [l’ente nazionale franceseper la lotta al crimine organizzato] ad aprire un’indagine“, ha detto. Durov non può lasciare il paese e deve presentarsi in una stazione di polizia due volte alla settimana.

Dopo l’arresto di Durov, il 24 agosto, sui social media si è rapidamente diffuso l’hashtag #FreePavel. I media statali russi hanno condiviso immagini di manifestanti che piazzavano aeroplanini di carta (il logo di Telegram) fuori dall’ambasciata francese a Mosca. “È assurdo sostenere che una piattaforma o il suo proprietario siano responsabili dell’abuso di quella piattaforma“, ha dichiarato Telegram quando sono state rese note le accuse. L’avvocato di Durov non ha risposto alla richiesta di commento inoltrata da Wired US.

Il vento è cambiato

Il numero uno del social network rappresenta la prima vittima di alto profilo del cambiamento di modus operandi da parte delle autorità, che stanno perdendo la pazienza con le piattaforme che accusano di turbare la politica interna dei paesi o alimentare la criminalità. “L’arresto di Durov arriva in un momento particolarmente instabile per le piattaforme online e i loro utenti“, ha dichiarato in un comunicato Evelyn Austin, direttrice della fondazione olandese per i diritti digitali Bits of freedom.

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