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Esiste un piano per la “valutazione dell’apertura del capitale” di Ferrovie dello Stato e, come “quasi sempre” avviene, la possibilità di una conseguente quotazione in borsa della società pubblica del trasporto ferroviario italiano. La conferma è arrivata direttamente dall’amministratore delegato Stefano Donnarumma lo scorso 7 settembre, a margine della sua partecipazione al Forum Ambrosetti di Cernobbio.
Il manager ha precisato che non ha avuto un mandato diretto per accompagnare l’azienda in tale percorso. Già al momento del suo insediamento, esisteva uno studio “che io – ha spiegato – ho valutato e che nelle prossime settimane rielaborerò con i miei colleghi per adattarlo ancora meglio alle nostre previsioni strategiche”. Ma la decisione finale “spetterà in ogni caso all’azionista”.
Da parte sua, l’ad ha ricordato di venire “da un mondo di infrastrutture regolate con partecipazioni pubbliche addirittura quotate”, avendo ricoperto in precedenza il medesimo incarico all’interno di Terna, la società partecipata operatrice delle reti di trasmissione dell’energia elettrica, specificando allo stesso tempo che “i modelli non sono mai univoci, non esiste il bene o il male, esiste qualcosa che può essere applicato e qualcosa no”.
Come funziona il piano
Come sottolinea La Repubblica, il piano a cui Donnarumma ha fatto riferimento risale al periodo dell’amministrazione di Luigi Ferraris. Al suo interno, esso prevedeva l’attuazione della regulatory asset base (Rab), una sorta di assicurazione per i privati intenzionati a investire nelle aziende pubbliche. Tale meccanismo consente infatti loro di essere remunerati sulla base di criteri prestabiliti (nel caso di Fs sarebbe l’Autorità dei Trasporti a stabilire un “tasso di rendimento “certo), evitando eventuali comportamenti abusivi connessi alla posizione dominante dell’azienda stessa.
Se entro fine anno, secondo Donnarumma, il ministero dell’Economia e delle finanze (azionista pubblico di Fs) dovrebbe “avere le idee chiare su diverse cose che riguardano il gruppo”, egli è anche consapevole che i tempi di esecuzione del piano in casi simili corrispondono in media ad “almeno un paio di mesi”. Saranno infatti tante le carte al vaglio del governo, che dovrà per esempio decidere se aprire ai privati le porte del gruppo Fs, quelle della proprietaria dei binari Rfi o quelle di Trenitalia, che gestisce l’affare dell’alta velocità.