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Cesar Catilina è un architetto di New Rome che ha un piano utopico per ricostruire la città su idee innovative e avveniristiche. È un pensatore Cesar, uno che sta controcorrente e per questo ha molti nemici. Il primo è il sindaco della città, Frank Cicero, corrotto e conservatore; poi c’è il cugino, Clodio, eccentrico e diabolico che ambisce a distruggerlo e a conquistare Julia. Questa è la figlia di Frank Cicero la quale cerca di emanciparsi dalla situazione di privilegio e oppressione in cui è nata, per ritrovarsi ben presto tra due fuochi in quanto affezionata al padre, ma innamorata dell’architetto. Infine c’è Hamilton Crassus III, spregiudicato banchiere che sostiene il progetto del nipote Cesar. La resa dei conti è nell’aria, ma non si tratta di un duello, ma di uno scontro di visioni, di pensieri, di punti di vista.
Parto dalla fine ossia dal momento in cui si esce dalla sala terminata la visione di Megalopolis. Letti i titoli di coda, cosa rimane di questo film nella mente e negli occhi dello spettatore? Rimane un flusso interminabile di parole, dialoghi, urla, scontri verbali e immagini. Rimane nella vista, il colore oro che domina il nuovo film di Francis Coppola; rimane impressa negli occhi l’estetica del film, patinata, ammaliante, accattivante, idea inconsueta se si pensa che Megalopolis è ambientato in un ipotetico futuro che solitamente nei film è mostrato cupo, nero e piovoso. Si ricordano, inoltre, del film di Coppola, i costumi, le vesti romane, i nomi dei protagonisti. Tornano nella mente, poi, alcune scene soprattutto quelle in cui Cesar Catilina, Adam Driver, dice:«Tempo fermati!» perché lui può controllare il tempo grazie al megalon, una sostanza misteriosa che riesce a interrompere il tempo quando vuole. Elencati in questo modo, tutti i ricordi visivi e concettuali di Megalopolis sembrano mescolati in una lavatrice al massimo della centrifuga, ma in realtà non è così, perché ciò che resta impresso nella mente e negli occhi dello spettatore sono le idee, il nucleo concettuale su cui Coppola riflette e lascia come testamento della sua splendida carriera.
La trama di Megalopolis è, dunque, abbastanza semplice, come ho detto sopra. C’è il progetto di Cesar Catilina e la sua lotta perché si realizzi. Dalla sua parte c’è qualcuno, contro di lui ci sono i più forti. In mezzo c’è una città da rifondare secondo le sue regole, secondo una nuova e rivoluzionaria struttura urbanistica pensata dal protagonista, che si fonda su una infinita serie di letture, studi, analisi del territorio, della storia, notevolmente stratificata. Ecco forse in questo participio passato c’è la chiave interpretativa del film. Cosa significa stratificato? Significa disporre a strati per solidificare, per consolidare, per formare quella solida base di pensieri su cui, poi, costruire. Ecco questo vuole fare Cesar Catilina e questo vuole fare Francis Coppola con Megalopolis. L’obiettivo di questo film è analizzare punto per punto la società di oggi per fornire quelle risposte certe, quegli strati, su cui edificare quella di domani. Per fare questo, però, il regista americano non sceglie di ritrarre direttamente la società contemporanea, bensì rintraccia nella storia un periodo molto simile a questo, un periodo di forte cambiamento come è stato il passaggio dalla Repubblica al Principato e poi l’Impero a Roma, quel lungo frammento della storia romana dominata da Giulio Cesare, dal potere (filosofico e politico) di Cicerone, e dalla congiura di Catilina. Coppola porta nella contemporaneità queste prassi storiche, e forse le sposta anche un po’ più avanti per poi, quindi, analizzare tutto ciò che caratterizza il nostro mondo: il potere di pochi e il non potere di molti (il popolo); la brama di apparire, di mostrarsi, di divertirsi perennemente; l’impossibilità di fermarsi a riflettere su quanto accade e di essere sedotti e convinti dalle parole (vuote) di chi governa. Poi la corruzione, i raggiri, i sistemi di potere, la seduzione delle masse, la gelosia esasperata per cose e persone, la volontà di possesso estremo dell’uomo. A bilanciare questi orizzonti tetri, c’è l’amore, il credere sinceramente in qualcuno, la speranza, la fiducia. La felicità, quella vera, non c’è, ma potrebbe esserci. Questi sentimenti, azioni, atti, pensieri sono interpretati dai vari personaggi di Megalopolis, dalle interazioni tra loro, dalle loro sfide e dai loro incontri, dai legami di sangue sanciti sullo schermo dalle parole di Shakespeare e Marco Aurelio.
C’è Clodio, Shia LaBeouf, che come un satiro maligno, sconvolge e distrugge. Ammalia il popolo, tradito da Cesar Catilina, con lo slogan: «Potere al popolo!», per poi esserne vittima ed essere appeso come un’altra figura storica italiana che fu issata a testa in già a Piazzale Loreto a Milano. Crassus (Jon Voight), il vecchio banchiere, invece, dimostra la lungimiranza appartenuta a pochi saggi a discapito del potere famigliare; e poi c’è Julia Cicero, Nathalie Emmanuel. La giovane si innamora di Catilina attraverso l’amore per il suo progetto urbanistico; ne capisce, infatti, le potenzialità, vede in esso il miglioramento dello status quo di New Rome, a danno della gelosia soffocante provata da suo padre Frank, conservatore, restio ad accettare il nuovo. Queste dinamiche, qui molto riassunte, ma ben sviluppate da Coppola con la maestria di un grande autore a cui basta uno scambio di battute, un’inquadratura, un montaggio per spiegarsi, hanno come fulcro Cesar Catilina. È un innovatore, un pensatore fuori dagli schemi che nel momento in cui riesce a ottenere quello che vuole, con la sua parola, riesce a convincere anche il popolo costretto all’ignoranza dal potere, e cioè che il progetto di Megalopolis è ciò di cui hanno tutti bisogno. L’ultimo strato, dunque, di questa analisi per Coppola è il tempo. Il giovane e ammirato architetto può controllare il tempo, come detto, può fermarlo per poi farlo ripartire. Questo non gli ha consentito, però, di salvare la vita dell’amata consorte, deceduta a seguito di un incidente d’auto mentre era incinta, per cui è stato accusato proprio Cesar dal potere di Frank Cicero. Cosa significa che può fermare il tempo? Che può dare l’opportunità a lui stesso di comprendere la sua direzione; di certo, non può cambiarlo, non può modificarlo, ma può contemplare il suo flusso e infatti la sua città è uno scorrere di energia e di rette che guardano verso il domani, verso il futuro.
Il film dunque, è una tragedia moderna, anzi postmoderna infarcita di citazioni, aforismi, pensieri di altri; un’opera lirica che diventa musical, che diventa film di azione, che diventa anche velatamente un thriller o un film di fantascienza. Ogni scena ha un peso concettuale rilevante, perché il grande regista americano ripensa a quello che è stato il cinema per mostrare il suo pensiero su quello che potrebbe essere la settima arte, e di questo ne ha dato dimostrazione durante l’ultimo Festival di Cannes, quando, in occasione della proiezione ufficiale di Megalopolis, Cesar Catilina ha dialogato con un attore presente in sala in qualità di pubblico avvicinatosi allo schermo. Capite ora perché Megalopolis per Coppola è un film testamento? Alla fine della proiezione, concludendo, usciti della sala, frastornati negli occhi, ma con la mente piena di riflessioni, penserete senza dubbio, che Megalopolis è davvero un gran film.