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Toy Story 2 – Woody e Buzz alla riscossa quando uscì in sala era per molti dei fan del primo film connesso a dubbi e perplessità, si temeva fosse una mera operazione commerciale derivativa, volta a sfruttare l’enorme successo del primo, iconico film. Ma non conoscevano ancora davvero John Lasseter, che fu capace di creare qualcosa di unico, guidarci verso l’infinito e oltre come nessuno si immaginava, facendo di Toy Story 2 uno dei migliori film della Pixar ancora oggi.
Un sequel dalla produzione problematica ma capace di stupire
Toy Story 2 – Woody e Buzz alla riscossa a ancora oggi ricordato come una delle operazioni più difficili, tormentate e divisive all’interno della Pixar, che grazie allo straordinario successo del primo Toy Story di John Lasseter, era diventata il nuovo punto di riferimento per l’animazione. Questo non solo per quello che riguardava l’aspetto tecnico, con l’animazione computerizzata che, ormai, si era capito aveva soppiantato il vecchio mondo glorioso del 2D, che tanto successo avevano portato alla Disney durante il famoso Rinascimento. In appena un decennio, dai tempi de La Sirenetta, tutto era cambiato, ora c’era anche una maggior attenzione alla psicologia dei personaggi, alla loro evoluzione, alle dinamiche emotive. Tutti elementi che questo film avrebbe ancor più incanalato verso un percorso di verosimiglianza e profondità. Toy Story 2 era inizialmente previsto come il classico prodotto sequel per il mercato home video, all’epoca veramente importante per le majors.
Tuttavia, come capitato ai seguiti di tanti Classici Disney, spesso a questo tipo di produzioni spettava anche una minor caratura e sicuramente una minore ambizione dal punto di vista artistico. Ma la volontà da parte di Lasseter di creare un qualcosa perlomeno allo stesso livello del primo film, contagiò il nuovo Presidente della Disney, Joe Roth. Ma dal momento che era coinvolto nella produzione di A Bug’s Life, inizialmente il ruolo di Lasseter fu molto più limitato, lasciando ad Ash Brannon la regia. Nel momento in cui la Pixar si rese conto che i costi di produzione non avrebbero trovato nella home video una copertura adeguata, e soprattutto grazie alla qualità innegabile del progetto di Lasseter saggiata durante i primi screen test, si decise che Toy Story 2 sarebbe finito sul grande schermo. Ma la lavorazione, cominciata in modo discontinuo nel 1997 con uno script molto complesso, risultò la più difficoltosa e imprevedibile nella storia dell’animazione.
Questo in virtù di un’accelerazione tecnologica nel mondo dell’animazione computerizzata che, anche per la volontà di Lasseter di creare un world building più ampio e diverso dal primo, risultò molto difficoltosa da maneggiare per il team di animazione e la produzione. Le tempistiche erano incredibilmente ristrette, ci si mise in mezzo anche l’errore umano, con uno degli animatori che per poco non cancellò un anno e mezzo di lavoro. Il grosso di ciò che arrivò sullo schermo quel 24 novembre 1999, fu realizzato in poco più di 9 mesi, ad un ritmo di lavoro talmente estenuante, che si verificarono esaurimenti nervosi, un’ondata di infortuni al tunnel carpale e diversi altri disturbi fisici e psicologici nel team di animazione. Erano chiamati a lavorare ad un ritmo che la Pixar all’epoca non riteneva assolutamente accettabile per i suoi dipendenti. Bei tempi direte voi, ed in effetti è proprio vero, se pensiamo a quanto la Disney negli ultimi anni abbia deteriorato i rapporti con le maestranze e addetti agli effetti speciali.
Alla fine Lasseter reclutò come co-regista anche Lee Unkrich, il quale fu determinante per completare Toy Story 2 nelle tempistiche previste. Il film riuscì però a fare qualcosa che pochissimi sequel (vedasi alla voce Aliens – scontro finale o Terminator 2) erano riusciti a fare: reggere il paragone con il primo, incredibile episodio. Woody (Tom Hanks) e Buzz (Tim Allen), dopo il primo film, in cui erano entrati in contrasto per le attenzioni del loro padroncino Andy, avevano sviluppato una fortissima amicizia e attaccamento. Toy Story 2 ci fece riabbracciare i coniugi Potato, Rex, Buster, tutti i vecchi personaggi, ma ne aggiunse di nuovi, come il pinguino Wheezy. E proprio lui ha un ruolo centrale per Woody, quando a causa di un incidente questi rimane danneggiato e si vede relegare in una sorta di limbo, dove anche Wheezy è finito tempo prima. I dubbi cominciano ad infilarsi nella testa del cowboy, tanto che quando viene rubato da Al McWhiggin, un dispotico venditore di giocattoli che lo vuole includere nella sua collezione di lusso, la situazione prende una piega inaspettata.
Un film che fece dell’emotività la nuova cifra stilistica Pixar
Il punto di svolta in Toy Story 2 avviene quando Woody, nella soffitta di McWhiggin, farà la conoscenza del cavallo Bullseye, della cowgirl Jessie e del minatore Stinky Pete. Scoprirà di essere stato protagonista di uno show di marionette di successo degli anni ‘40 e ’50: “Woody e gli amici del West”, cancellato quando con l’inizio della Corsa allo Spazio, avvenne un mutamento dei gusti del pubblico più orientato da quel momento verso la fantascienza. Intanto, Buzz e gli altri si sono messi sulle sue tracce, ma riportarlo a casa diventerà un’impresa molto complicata. Toy Story 2 ha quindi dalla sua fin dall’inizio una maggiore attenzione al passato dei due protagonisti, ma soprattutto ad un percorso di crescita fatto di dubbi, perplessità, anche dolorose rivelazioni. Woody, riparato da un vecchio e adorabile artigiano e destinato a diventare oggetto di culto in Giappone, metterà in discussione la sua vita e il suo futuro. Buzz, d’altro canto, dovrà accettare di non essere il solo Buzz al mondo, con esiti esilaranti e imprevedibili.