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In Australia il Parlamento ha approvato con un voto storico la prima legge al mondo che bandisce completamente l’accesso ai social media per tutti i giovani sotto i 16 anni. La norma è passata al Senato federale con 34 voti favorevoli e 19 contrari e introdurrà restrizioni mai viste prima in tutto il paese, per proteggere la salute mentale degli adolescenti.
La legge è stata fortemente voluta dal governo laburista del primo ministro Anthony Albanese, che ha difeso con forza la scelta: “Vogliamo restituire l’infanzia ai giovani australiani. Vogliamo ridare serenità ai genitori”, ha dichiarato alla Bbc. Il divieto entrerà in vigore tra 12 mesi e riguarderà tutte le principali piattaforme social: da Instagram a TikTok, da X a Facebook. Le aziende che non implementeranno adeguati sistemi di verifica dell’età rischiano sanzioni fino a 49,5 milioni di dollari australiani (circa 32 milioni di dollari americani). Tuttavia, la ministra delle Comunicazioni Michelle Rowland ha specificato che il divieto non si applicherà a YouTube “per il suo importante scopo educativo”.
Una legge che cambia tutto
La decisione di fissare il limite a 16 anni segna un precedente mondiale nella regolamentazione dei social media. In Francia la legge richiede solo il consenso dei genitori per gli under 15, e secondo la Bbc quasi la metà degli utenti riesce comunque ad aggirare il divieto. Nello stato americano dello Utah, invece, un tentativo di vietare i social ai minori di 14 anni è stato bloccato da un giudice federale perché ritenuto incostituzionale.
Il sostegno all’iniziativa australiana è cresciuto rapidamente negli ultimi mesi. Un sondaggio YouGov citato dal Guardian mostra che il 77% degli australiani approva il divieto, in netto aumento rispetto al 61% registrato ad agosto. La legge ha ottenuto l’appoggio unanime dei leader di tutti gli otto stati e territori del paese. Anche l’opposizione sostiene il provvedimento, promettendo di implementare il divieto entro 100 giorni se vincerà le elezioni del prossimo anno.
Le sfide dell’applicazione della legge
Il nodo più complesso resta l’implementazione tecnica del divieto. La legge non specifica come le piattaforme dovranno verificare l’età degli utenti, rimandando i dettagli a una sperimentazione che si concluderà a metà del 2025. Per tutelare la privacy, non si potranno chiedere documenti d’identità agli utenti, ma questo renderà ancora più difficile verificarne l’età. Le piattaforme social avranno dieci mesi per sviluppare sistemi di verifica alternativi, ma nessuno sa ancora quali tecnologie potranno essere utilizzate. Julie Inman Grant, Commissario australiano per la eSafety che supervisionerà l’applicazione della legge, dovrà trovare un equilibrio tra efficacia dei controlli e protezione dei dati personali.
Il problema dell’elusione delle norme preoccupa gli esperti. Le Virtual private network (Vpn), software ormai comuni tra i giovani, permettono di mascherare la propria posizione geografica aggirando facilmente i blocchi nazionali. L’esperienza francese, dove vige una legge simile ma meno restrittiva, mostra che quasi la metà degli utenti under 15 utilizza questi strumenti per accedere ai social. “Abbiamo la legge ma non le linee guida”, lamenta il Digital industry group, che rappresenta i colossi tech nel paese. Una critica condivisa da oltre 140 esperti che in una lettera aperta hanno definito il provvedimento “troppo grezzo” per affrontare un problema così complesso.
Impatto e reazioni
Le conseguenze di questa legge potrebbero andare ben oltre i confini australiani. La Norvegia ha già annunciato di voler seguire l’esempio di Canberra, mentre nel Regno Unito il ministro della Tecnologia ha dichiarato che un divieto simile è “sul tavolo”, anche se ha poi precisato “non per il momento”, riporta la Bbc. Le grandi aziende tecnologiche sono sul piede di guerra. Elon Musk, proprietario di X, ha attaccato frontalmente la legge definendola “un modo subdolo per controllare l’accesso a internet di tutti gli australiani”, come riporta il Guardian.
Un’altra delle preoccupazioni fatta emergere degli esperti riguardano i gruppi più vulnerabili. Gli esperti temono che il divieto possa isolare ulteriormente le persone giovani della comunitù lgbtq+ e i ragazzi immigrati, privandoli di importanti reti di supporto online. Amnesty International ha dichiarato di non approvare la legge perché “un divieto che isola i giovani non migliorerà le loro vite”.