martedì, Gennaio 14, 2025

La nuova linea di Meta sul fact checking si scontra con le regole europee

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La brusca sterzata di Meta in fatto di fact checking e moderazione, annunciata dal suo fondatore Mark Zuckerberg, ha provocato un terremoto nell’opinione pubblica e tra gli utenti di Facebook e Instagram. Giustificata da una supposta volontà di “garantire la libertà di espressione”, la mossa del miliardario statunitense rappresenta, più che altro, un riallineamento a livello politico per assecondare i desiderata della nuova amministrazione guidata da Donald Trump.

L’addio al fact checking affidato a soggetti indipendenti e le modifiche alle policy di moderazione, infatti, ricalcano alla perfezione la “linea Musk” adottata da X (ex-Twitter) che di fatto lascia mano libera al “politicamente scorretto”. Una linea che potrebbe mettere i due social network (5 miliardi di utenti in totale) in rotta di collisione con le regole dell’Unione europea.

La Ue nel mirino, ma senza forzare

Nel videomessaggio di Zuckerberg, la notizia della nuova strategia di Meta è stato accompagnato da invettive nei confronti delle normative dell’Unione Europea che, a suo dire, imporrebbero una forma di censura da cui l’azienda vorrebbe liberarsi. Per il momento, però, Zuck non ha puntato allo scontro frontale, specificando che le novità verranno introdotte solo negli Stati Uniti.

Bisognerà per prima cosa capire cosa significhi questa distinzione”, commenta Guido Scorza, componente del Garante per la protezione dei dati personali. “Certamente la distinzione fatta da Zuckerberg conferma che il fondatore di Meta sa che l’abolizione del fact checking in Europa può avere conseguenze a livello giuridico. Probabilmente, quindi, i controlli verranno tolti solo per gli utenti statunitensi”.

La spada di Damocle che pende sopra il capo di Zuck, sotto questo profilo, è il Digital Services Act (DSA) che impone alle grandi piattaforme digitali di implementare strumenti per contrastare la disinformazione online. “Sebbene la norma non preveda espressamente l’adozione di strumenti di fact checking affidati a soggetti terzi – prosegue Scorza – la sterzata di Meta in Europa sarebbe certamente in contrasto con lo spirito del regolamento”.

Resta da capire, però, che senso possa avere una demarcazione a livello geografico all’interno di un social network che, per sua stessa natura, ha una dimensione globale. In altre parole: come si mettono le cose quando un utente europeo visualizza una notizia falsa che non è stata verificata perché proviene da un account statunitense?

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