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“America is back”, secondo Donald Trump. Nel giro di 12 ore il 47° presidente degli Stati Uniti, ha firmato 42 ordini esecutivi, gli atti ufficiali di indirizzo politico, nel segno della restaurazione.
Ci sono quello dedicato al superamento della diversity policy e quello dedicato al congelamento dello stop a TikTok (in attesa di una proficua interlocuzione con la Cina per definire il destino delle attività americane di ByteDance, la società madre); quelli che segnano una inversione di marcia nelle relazioni economiche geopolitiche (uscita dall’Organizzazione mondiale della Sanità; dagli accordi sul clima; quello sui dazi e sul tax deal in seno all’Ocse) e nella politica dell’immigrazione, che torna ad essere durissima; quelli che invertono il corso della governance statale, per esempio con la istituzione del Dipartimento “Doge” per l’efficienza amministrativa, promesso e ora affidato a Elon Musk. Chi si chiedeva cosa il neopresidente avrebbe fatto nei primi cento giorni, non aveva considerato il personaggio. The Donald è riuscito a imprimere una sterzata a U alla politica statunitense nel giro di qualche ora.
Non tutto sopravviverà
Non tutti gli ordini esecutivi sopravviveranno al Congresso e alla Corte suprema, forse.
Ma oggi essi raccontano la voglia di depennare, sin da subito, quanto fatto negli ultimi quattro anni dal suo predecessore Joe Biden, per riportare “l’America all’età dell’oro”, come ha dichiarato Trump durante l‘Inauguration day
A livello europeo, tra gli altri, potrebbe preoccupare l’ordine esecutivo dedicato al Global tax deal, l’accordo fiscale globale dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo) che mira a fermare la corsa al ribasso nella concorrenza fiscale globale e a scoraggiare l’elusione fiscale transfrontaliera da parte delle imprese.
Gli ordini abrogativi
Ma non ci sono solo gli ordini esecutivi programmatici: l’elenco comprende anche quelli abrogativi. Il primo di questi atti ufficiali di restaurazione di Trump, infatti, intitolato “Initial rescissions of harmful executive orders and actions”, annulla ben 79 ordini esecutivi e memorandum assunti da Joe Biden, nella convinzione che, si legge, “la precedente amministrazione ha incorporato pratiche profondamente impopolari, inflazionistiche, illegali e radicali in ogni agenzia e ufficio del governo federale”.
E ancora. “L’iniezione di “diversità, equità e inclusione” (DEI) nelle nostre istituzioni – prosegue il presidente – le ha corrotte sostituendo il duro lavoro, il merito e l’uguaglianza con una gerarchia preferenziale divisiva e pericolosa. Gli ordini di aprire le frontiere hanno messo in pericolo il popolo americano e hanno dissolto le risorse federali, statali e locali che dovrebbero essere utilizzate a beneficio del popolo americano. L’estremismo climatico ha fatto esplodere l’inflazione e ha sovraccaricato le imprese con la regolamentazione”. La conclusione è un appello al buonsenso, declinato alla maniera del tycoon, ovviamente. “Per avviare le politiche che renderanno di nuovo la nostra Nazione unita, giusta, sicura e prospera, la politica degli Stati Uniti è quella di ripristinare il buon senso nel governo federale e liberare il potenziale del cittadino americano. Le revoche previste da questo ordine saranno il primo di molti passi che il governo federale degli Stati Uniti intraprenderà per risanare le nostre istituzioni e la nostra economia”.
Tra questi, viene depennato l’ordine esecutivo che più tentava di avvicinare gli Usa a una politica della intelligenza artificiale rispettosa dei diritti dei cittadini (Executive Order 14110 of October 30, 2023 – Safe, Secure, and Trustworthy Development and Use of Artificial Intelligence).
Ma cancellati con un tratto di pennarello, lo stesso che poi ha lanciato come ricordo alla folla che lo acclamava, ci sono anche gli ordini esecutivi a sostegno delle minoranze native, ispaniche e afro-americane; quello a supporto della inclusione diversity nei gangli dello Stato e quello sulla promozione dell’accesso al voto. Se il buon giorno si vede dal mattino, possiamo immaginare cosa accadrà passata l’euforia dell’ Inauguration day. “Drill, baby, drill”…everywhere.