Questo articolo è stato pubblicato da questo sito
Il mercato globale del cacao è in crisi profonda. Negli ultimi anni, i prezzi hanno raggiunto livelli record, sfiorando i 13mila dollari a tonnellata a dicembre 2024, quasi il triplo rispetto all’anno precedente. La guerra commerciale scatenata dai dazi di Trump ha ulteriormente contribuito a far impennare il costo del cioccolato negli Stati Uniti, provocando anche rincari e riassetti nelle catene di approvvigionamento globali. In questo contesto di forte instabilità, il Brasile si sta riposizionando per diventare un nuovo polo produttivo mondiale, con numerosi progetti di mega piantagioni in fase di sviluppo. Tra questi, come documentato da Reuters, spicca quello dell’imprenditore agricolo Moises Schmidt, il più ambizioso, da 300 milioni di dollari, che prevede di realizzare nello stato di Bahia la più grande piantagione di cacao al mondo, con una superficie coltivata da 100 chilometri quadrati.
La crisi globale del cacao e le sue cause
Il sistema produttivo africano, che domina il mercato mondiale, sta collassando. Gli stati dell’Africa occidentale, con Costa d’Avorio e Ghana in testa che da soli controllano il 60% della produzione globale, stanno affrontando un periodo di grave difficoltà. Le piantagioni storiche di questi paesi stanno subendo l’attacco combinato di patogeni vegetali sempre più aggressivi, eventi meteorologici estremi legati ai cambiamenti climatici e un naturale invecchiamento degli impianti. Questa combinazione di fattori negativi ha determinato tre anni consecutivi di raccolti in calo, sconvolgendo equilibri commerciali consolidati da decenni. La radice del problema risiede anche nel modello produttivo stesso. La coltivazione tradizionale del cacao in queste regioni si basa su approcci di tipo familiare e tecniche ancestrali. I terreni dedicati a questa coltura raramente superano pochi ettari, con densità di piante limitate e varietà selezionate più per la qualità che per la produttività. Il sistema agroforestale tipico, dove il cacao cresce protetto dall’ombra di piante più alte, garantisce qualità ma limita drasticamente i volumi. Con produzioni che difficilmente superano i 500 kg di semi per ettaro, questo modello millenario si sta rivelando insufficiente di fronte all’aumento della domanda globale e alle nuove sfide agronomiche.
La situazione ha già generato conseguenze visibili nei punti vendita. I consumatori di tutto il mondo si trovano ad affrontare incrementi di prezzo significativi per qualsiasi prodotto contenente cacao. La situazione italiana è emblematica: secondo il Codacons, il rincaro delle materie prime ha provocato aumenti considerevoli nei prezzi dei dolci pasquali, con le uova di cioccolato che hanno subito rialzi fino al 40%. L’industria dolciaria sta cercando soluzioni tampone, riducendo grammature o modificando formulazioni, ma i grandi gruppi internazionali guardano con preoccupazione al futuro, accelerando la ricerca di fonti alternative di approvvigionamento che possano garantire stabilità e sostenibilità economica nel lungo periodo.
Il Brasile si reinventa come potenza del cacao
Nel panorama di incertezza attuale, il Brasile si propone come possibile soluzione alla carenza globale. Si tratta di un ritorno alle origini: il territorio brasiliano è infatti il luogo d’origine del Theobroma cacao, pianta che prosperava naturalmente nell’ecosistema amazzonico prima di essere esportata dagli europei verso altri continenti. Il paese sudamericano vantava una posizione dominante nel mercato fino agli anni ottanta, quando lo “Scopazzo” (noto anche come “Witches’ Broom”), una malattia causata dal fungo Moniliophthora perniciosa, devastò i raccolti, provocando un tracollo della produzione nazionale. Da quella crisi, il Brasile è scivolato in una posizione marginale, con volumi attuali di circa 200mila tonnellate annue, decisamente inferiori rispetto ai colossi africani.
La congiuntura attuale offre però un’opportunità di riscatto che il paese sta cogliendo con determinazione. L’approccio brasiliano alla rinascita del settore si distacca radicalmente dai modelli tradizionali, puntando su modelli industriali e tecnologie all’avanguardia. I grandi gruppi agricoli, già esperti nella gestione di colture estensive come soia e mais, stanno trasferendo le loro competenze al cacao: sistemi di irrigazione computerizzati, fertilizzazione calibrata, monitoraggio digitale delle piantagioni e meccanizzazione spinta caratterizzano i nuovi impianti. Questi metodi innovativi permettono di decuplicare la produttività rispetto ai sistemi tradizionali, rendendo le vaste pianure brasiliane, con la loro abbondanza di acqua e infrastrutture già sviluppate, un territorio ideale per questa rivoluzione verde.