venerdì, Maggio 16, 2025

Gaza, cosa sappiamo del piano di Israele per occupare la Striscia in maniera permanente

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L’escalation del conflitto a Gaza ha raggiunto un punto critico. Il gabinetto di sicurezza israeliano ha approvato all’unanimità un piano strategico per espandere l’offensiva militare contro Hamas. Il progetto prevede la conquista e l’occupazione dell’intera Striscia di Gaza. Il primo ministro dello Stato ebraico Benjamin Netanyahu ha annunciato che l’operazione sarà “intensa” e si svilupperà gradualmente nei prossimi mesi. L’offensiva, tuttavia, non avrà inizio prima della visita del presidente americano Donald Trump in Medio Oriente, prevista tra il 13 e il 16 maggio.

La strategia militare e le implicazioni umanitarie

Attualmente Israele controlla circa un terzo della Striscia di Gaza, con una presenza militare fissa nel nord, in alcune aree centrali e lungo i corridoi strategici di Netzarim e Morag, che tagliano il territorio e impediscono il ritorno della popolazione sfollata. Il nuovo piano approvato dal governo israeliano formalizza questa occupazione parziale e segna una svolta nella strategia: non più operazioni temporanee, ma una presenza permanente e progressiva dell’Idf sul terreno, con l’obiettivo dichiarato di impedire il ritorno di Hamas. Per sostenere il nuovo assetto strategico, il capo di stato maggiore Eyal Zamir ha ordinato la mobilitazione di decine di migliaia di riservisti.

Il piano prevede inoltre lo spostamento forzato dell’intera popolazione civile palestinese – circa 2,1 milioni di persone – in una “zona umanitaria” istituita nel sud della Striscia lungo la costa. Netanyahu ha dichiarato lunedì che i civili “verranno spostati, per la loro stessa protezione”, ma senza fornire dettagli sull’estensione o sulla localizzazione precisa dell’area. In passato, al-Mawasi – una sottile fascia costiera a ovest di Khan Younis – era stata indicata come possibile zona di evacuazione, ma i bombardamenti ricorrenti e l’estremo sovraffollamento ne hanno compromesso la sicurezza. Altre ipotesi comprendono Deir al-Balah e alcune zone periferiche di Khan Younis, già duramente provate dall’afflusso di sfollati. Nessuna di queste aree, però, appare oggi in grado di garantire condizioni minime di sicurezza e di accoglienza per un trasferimento su larga scala.

Altro punto cruciale del piano potrebbe prevedere l’affidamento della distribuzione degli aiuti umanitari a società private sotto supervisione militare, escludendo l’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, accusata da Israele di essere stata infiltrata da membri di Hamas. Le Nazioni unite hanno respinto questo approccio, poiché contrario ai principi fondamentali del diritto umanitario, in quanto la Quarta Convenzione di Ginevra stabilisce che la potenza occupante ha l’obbligo di garantire alla popolazione civile l’accesso ai beni di prima necessità senza condizionamenti politici. Una misura alternativa, attualmente in discussione nel parlamento israeliano, prevederebbe invece una tassa dell’80% alle organizzazioni non governative che ricevono finanziamenti esteri. Se approvata, la nuova legge, colpirebbe principalmente le ong internazionali attive nella Striscia di Gaza, riducendo drasticamente la loro capacità operativa in un momento di grave crisi umanitaria.

Le reazioni internazionali e l’instabilità regionale

Il piano israeliano ha provocato immediate reazioni a livello internazionale. L’Unione europea ha espresso preoccupazione per il piano approvato dal gabinetto di sicurezza israeliano e ha chiesto a Israele di esercitare la massima moderazione. La posizione dell’Ue riflette il consenso internazionale sulla soluzione dei due Stati come unico percorso sostenibile per la pace nella regione. Il segretario generale delle Nazioni unite Antonio Guterres ha avvertito che l’implementazione del piano israeliano aggraverà significativamente la crisi umanitaria a Gaza. Secondo le stime dell’Onu, la guerra ha già provocato oltre 52mila vittime palestinesi e costretto all’evacuazione gran parte della popolazione della Striscia. Il piano di occupazione, infatti, rischia di compromettere ulteriormente le condizioni di vita dei civili palestinesi che, secondo diverse organizzazioni umanitarie, affrontano già gravi carenze di cibo, acqua potabile e assistenza medica.

A livello regionale, le tensioni sono aumentate significativamente. I ribelli Houthi dello Yemen, alleati dell’Iran, hanno annunciato un blocco aereo totale nei confronti di Israele. Il 4 maggio un missile lanciato dagli Houthi ha colpito nei pressi dell’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, provocando una reazione immediata da parte israeliana sotto forma di bombardamenti sul porto yemenita di Hodeidah. L’Egitto, che condivide un confine con Gaza a sud-ovest, ha espresso forte preoccupazione per il piano israeliano, temendo che lo spostamento forzato della popolazione palestinese possa destabilizzare la propria frontiera. Intanto l’Iran, principale antagonista di Israele nella regione, ha recentemente presentato un nuovo missile balistico con una gittata di almeno 1.200 chilometri durante una parata militare a Teheran.

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