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Se vi mancano le creature fantastiche di Labyrinth o Nel Paese delle Creature Selvagge, ma anche un po’ i Gremlins, The Legend of Ochi è quel che fa per voi. Scoprirete la meraviglia degli Ochi, animali dagli occhi dolci capaci di straordinaria empatia, che gli umani giudicano erroneamente feroci e selvaggi. E ovviamente danno loro una caccia spietata. Succede nel suggestivo film di Isaiah Saxon, applaudito al Sundance Film Festival e dall’8 maggio al cinema, una fiaba animalista che mescola avventura, fantasy, coming of age, family movie, con un tocco di attivismo interessante.
Come nell’avventuroso Okja di Bong Joon-ho, anche qui non si può che parteggiare per gli Ochi, perseguitati da un villain da strapazzo che sa essere buffo, ma anche fare paura, interpretato dal solito stacanovista Willem Dafoe, questa volta in versione padre di famiglia protettivo e capogruppo di apprendisti cacciatori di Ochi (tra cui spicca Finn Wolfhard, star di Stranger Things). Regala alla figlia adolescente Yuri un pugnale per la sua prima battuta di caccia, primo segnale di quanto il personaggio sia sospeso tra la ferocia e il ridicolo, con la sua armatura medievale e le sue convinzioni da esaltato. Lo sguardo su di lui è insieme bonario e di lieve denuncia: da una parte è un padre intento a proteggere i suoi figli dal pericolo esterno, dall’altro è chiara metafora di quanti oggi nel mondo si scagliano contro il presunto invasore, il diverso, lo straniero, da cacciare, emarginare, uccidere a ogni costo.