lunedì, Settembre 1, 2025

Groenlandia, troppi turisti a caccia di iceberg. Sindaco Disko Bay invoca numero chiuso per crociere. “Qui effetti global warming più gravi che ovunque”

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“Numero chiuso per i crocieristi”. Non siamo a Venezia, o a Dubrovnik, all‘Isola di Pasqua o alle Galapagos. La richiesta arriva da Disko Bay. Groenlandia occidentale, e in particolare dal sindaco di Ilulissat, con circa 4.600 abitanti la terza “città” di un’isola da quasi 2,2 milioni di km quadrati per neanche sessantamila anime, e dove la capitale, Nuuk, non arriva neanche a 20mila.

Altro che turismo della distanza e della lentezza. In questo lembo della sterminata costiera occidentale del territorio danese, a neanche 100 chilometri dalle isole canadesi di Baffin ed Ellesmere, cui la Groenlandia quasi si congiunge a settentrione, la piccola località ha fama di punto di vista privilegiato dello scorrere degli iceberg che le transitano di fronte, provenienti dal profondo della stessa baia-fiordo. Nel solo 2021 ha visto arrivare 50 mila turisti, oltre 10 volte la sua popolazione. E in questo 2022, nonostante qualche residua limitazione pratica da restrizioni covid, e la guerra, i numeri sono ancora in crescita. Addirittura, in zona, il celebrato chef faroese Poul Andrias Ziska ha temporaneamente trasferito il suo Koks, chiuso per rinnovamento, facendo sorgere il ristorante stellato Michelin più settentrionale di sempre, e attirando ulteriore interesse nell’area. Per molti, un rapido pit stop lungo la classica crociera alla scoperta dell’Artico. Quella stessa forma di mordi e fuggi – o di usa e getta – che le città d’arte fragili a cominciare da Venezia stanno provando a combattere.

Fra due anni lo scalo internazionale a Nuuk

La vista iniziale, a chi si affaccia su questa landa, magari anche arrivando in aereo – lo scalo di Iluilissat offre voli diretti con l’Islanda, altra meta top per chi ama questa forma di vacanza-avventura, che un tempo veniva definito “off the beaten track”, ma che oggi è sempre meno distante dal turismo di massa – non è un granché, paesaggio aspro e austero di roccia grigiastra inframmezzata qua e là da scarsa vegetazione. Ma basta un breve tratto in auto per trovarsi su una spettacolare terrazza dove i ghiacci provenienti dal cuore della Disko Bay scorrono lentamente verso il mare aperto. “Una destinazione da sogno”, racconta all’agenzia di stampa France Press Yves Gleyze, francese sulla sessantina, veterano di questo tipo di viaggio, all’uscita dall’aeroporto.

Cifre attese a un ulteriore balzo, quando, nel 2024, la capitale Nuuk avrà il suo aeroporto internazionale. Per dare un’idea, la pista dello scalo – come la maggior parte degli aeroporti dell’isola ricavato da ex basi aeree militari Usa – è oggi lunga appena 900 metri, il che non consente decollo e atterraggio a velivoli di linea di dimensioni importanti: fra due anni misurerà oltre 3,1 km, sufficienti a livello mare per qualunque velivolo, A380 incluso. In sintesi, ad oggi, i collegamenti via aria con l’esterno avvengono – con Air Greenland – solo via Copenhagen e (perlopiù su base stagionale), Reykjavik. Kangerlussuaq è lo scalo più trafficato, quelli che operano voli extra-insulari si contano sulle dita di una mano.

Non più di una nave e mille crocieristi al giorno

Il concetto è noto. Qui come in ogni angolo del mondo i turisti fanno pil e sarebbero in primis bene accolti. Ma c’è un prezzo da pagare. E in Groenlandia, data la delicatezza di un ecosistema – letteralmente – in liquefazione. Anche perché negli ultimi 40 anni l’Artico si è riscaldato mediamente in misura 4 volte superiore rispetto al resto del pianeta, secondo un recente studio scientifico. “Possiamo vedere ogni giorno i cambiamenti causati da quelli climatici – racconta ad Afp il primo cittadino di Ilulissat, Palle Jeremiassen. -. Gli iceberg diventano via via più piccoli, il ghiaccio si ritira”. Lo scongelamento del permafrost, in particoare, mette a repentaglio la stabilità stessa di alcuni edifici e infrastrutture.

Palle Jeremiassen, sindaco di Ilulissat

Palle Jeremiassen, sindaco di Ilulissat (afp)

Così, con il crescente desiderio dei turisti desiderosi di immergersi in un paesaggio che rimane immacolato – i pubblici amministratori sono decisi a proteggerlo, limitandone il flusso. “Vogliamo controllare l’arrivo delle navi da crociera qui – spiega Jeremiassen – rimarcando il rischio specifico dovuto all’inquinamento generato dalle grandi cruiser. Per questo, allo scopo di proteggere sia la piccola comunità locale che l’ambiente. Ilulissat dovrebbe accogliere al massimo “una nave da crociera al giorno, con al massimo mille persone per nave”. Per dare un’idea, alcuni giorni fa in uno stesso giorno tre cruiser hanno sbarcato 6mila ospiti.

Ricordando che la sua “città” non è esattamente strutturata per accogliere simili flussi, men che meno i suoi addetti sono fisicamente in grado di garantire il rispetto da parte degli ospiti delle aree protette, in particolare lungo il fiordo, Jeremiassen cita il caso dell’Islanda, letteralmente preda di overtourism da due decadi. “Non dobbiamo finire come loro, non vogliamo il turismo di massa. Vogliamo controllare i numeri, qui. È questa la chiave da trovare”.

E i pesci rimpiccioliscono

La Groenlandia, dal 2009, è in autogoverno rispetto al Regno di Danimarca, di cui rimane una delle nazioni costitutiva: tanto da essere fuori dall’Unione Europea. Ma auspica di guadagnare l’indipendenza piena. L’affrancamento però comporterà o comporterebbe la rinuncia ai sussidi che ad oggi arrivano da Copenhagen, e che costituiscono un terzo del Pil locale. Dovrà trovare una via di sopravvivenza finanziaria sicura e, per il momento, l’unica via praticabile è quella del mare.

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(afp)

A Ilulissat, una persona su tre vive di pesca, attività che a sua volta contribuisce per otre un terzo al prodotto interno lordo dell’isola. Ma anche in questo settore il cambiamento climatico non aiuta. “Quando ero giovane avevamo distese di pack su cui si poteva camminare – racconta Lars Noasen, capitano di una barca che offre ai turisti incontri ravvicinati con i pezzi di iceberg attraverso la baia -. Ora il ghiaccio non è più solido a sufficienza. Non lo si può usare a piacere, ad esempio per compiere lunghi tragitti a bordo di slitte trainate dai cani, per ragggungere una determinata area ricca di pesce”.

Negli ultimi due decenni, lo strato di ghiaccio posato sul suolo groenlandese ha perso 4,7 miliardi di miliardi di tonnellate, contribuendo da solo, per 1,2 centimetri all’innalzamento del livello marino, secondo la Danish Arctic Research. Se da un lato certi spostamenti di singoli pescatori sono diventati ardui o impossibili. “un tempo, il fiordo principale non era navigabile perché sbarrato da grandi iceberg – racconta ad Afp Sascha Schiott, ricercatore presso il Greenland Institute of Natural Resources -. Oggi invece è diventato accessibile”. Ancora, “i pescatori riescono a salpare tutto l’anno, inverno compreso”, e questo ha incrementato i loro bottini”. Ma c’è una contropartita. L’overfishing ha ridotto la misura media dei pesci, conclude Schiott.

Ejner Inusgtuk, pescatore che sta preparando le sue reti nel porto, non è d’accordo, almeno su quest’ultima parte dell’analisi. e pensa che i pesci siano diventati più piccoli di per sé. Per colpa del clima. “Fa troppo caldo, anche per loro”.

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