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“L’imposta sui servizi digitali (Digital service tax) si applica nella misura del 3% sui ricavi derivanti dalla fornitura dei servizi” e riguarda “la pubblicità digitale su siti e social network, l’accesso alle piattaforme digitali, i corrispettivi percepiti dai gestori di tali piattaforme, e anche la trasmissione di dati ‘presi’ dagli utenti”. Un ricavo, spiega sempre l’Agenzia, “è imponibile se l’utente del servizio digitale è localizzato nel territorio dello Stato. Per i servizi di pubblicità online, l’utente si considera localizzato nel territorio dello Stato se la pubblicità appare sul proprio dispositivo nel momento in cui è utilizzato nel territorio dello Stato. La localizzazione nel territorio italiano del dispositivo è determinata sulla base dell’indirizzo Ip”.
A dover pagare la web tax sono gli esercenti attività d’impresa che realizzano “ovunque nel mondo, singolarmente o congiuntamente a livello di gruppo, un ammontare complessivo di ricavi non inferiore a euro 750 milioni di euro” e incassano in Italia non meno di 5,5 milioni. I versamenti devono essere effettuati entro il 16 maggio di ogni anno.
Le difficoltà comuni nel mondo
Non è solo l’Italia a voler braccare i giganti del web, ma sulla scena internazionale si fa fatica a raggiungere un accordo su un’imposta globale che possa frenare l’elusione fiscale delle big tech (anche per l’opposizione degli Stati Uniti). In una ricerca dell’Area studi di Mediobanca emerge che “nel 2021 circa il 30% dell’utile ante imposte delle 25 maggiori WebSoft mondiali è tassato in paesi a fiscalità agevolata, con conseguente risparmio fiscale di 12,4 miliardi di euro nel 2021 e di e di 36,3 miliardi nel triennio 2019-2021. L’aliquota media risulta pari al 15,4% nel 2021, inferiore a quella teorica del 21,9%”. Secondo i calcoli degli analisti di piazzetta Cuccia, “nel periodo 2019-2021 la tassazione in Paesi a fiscalità agevolata ha determinato per Tencent, Microsoft e Alphabet un risparmio fiscale rispettivamente di 13,4 miliardi, 6,9 miliardi e 5,2 miliardi”.
In Italia Mediobanca calcola che il fatturato aggregato delle filiali italiane delle 25 principali aziende del web ha raggiunto 8,3 miliardi nel 2021, occupando circa 23mila lavoratori. Sul fronte fiscale nel 2021 le filiali hanno versato al fisco italiano quasi 150 milioni per un tax rat effettivo del 25,1%. “Considerando anche l’accantonamento per il pagamento della Digital service tax, il tax rate salirebbe al 33,5%”. Ma per una piccola e media impresa nello stesso periodo si arriva al 60,2%.