martedì, Settembre 9, 2025

Calcio, i portieri percepiscono il mondo in modo diverso

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Quando durante una partita di calcio viene battuto un calcio di rigore, circa il 76 per cento dei tiri finisce in porta. Nonostante la statistica sfavorevole, un portiere deve elaborare tutte le informazioni intorno a lui per anticipare la traiettoria che prenderà il pallone. Lo stress a cui sono sottoposti i calciatori che giocano in questo particolare ruolo – tra fischi, urla e tiri degli avversari – li ha portati a sviluppare una diversa percezione del mondo, come rivela un recente studio pubblicato su Current Biology.

Un team di psicologi della Dublin City University, in Irlanda, ha analizzato le differenze con cui portieri, giocatori di campo e persone comuni prendono una decisione in situazioni che comportano stimoli sensoriali confusi. Il gruppo ha ipotizzato che i portieri abbiano una maggiore capacità di combinare le informazioni provenienti da sensi diversi, ottenendo vantaggi quando si tratta di parare.

Per verificare la loro teoria, il team di psicologi ha ideato un test che valuta la stimolazione sensoriale e la confusione, che misura l’ampiezza della cosiddetta temporal binding window, ovvero la finestra temporale in cui stimoli sensoriali distinti si “fondono” in un unico evento percettivo. Questa finestra può variare per ampiezza, tipo di stimoli, persona e compito in questione, ma provoca immancabilmente confusione nel soggetto coinvolto.

Per condurre lo studio, gli psicologi hanno selezionato 61 partecipanti, tra cui portieri, calciatori che giocano in altri ruoli e persone senza esperienza calcistica. A tutti i partecipanti sono state mostrate una o due immagini su uno schermo, accompagnate da segnali acustici. Gli stimoli uditivi e visivi sono stati presentati a intervalli di tempo diversi. Una parte del test consisteva per esempio nel mostrare ai partecipanti un flash accompagnato da due segnali acustici. Questo schema di solito porta a percepire due flash, proprio a causa dell’attivazione della temporal binding window, dove gli stimoli vengono integrati. Quanto più lenti sono gli intervalli tra i segnali, tanto minore è la confusione.

I risultati dello studio hanno dimostrato che nei portieri questa finestra è più stretta rispetto agli altri partecipanti, rivelando inoltre che questi atleti hanno una maggiore capacità di distingure i segnali sonori da quelli visivi e confermando così l’ipotesi avanzata dai ricercatori. I portieri allenano il proprio cervello per migliorare l’accuratezza con cui percepiscono gli stimoli audiovisivi e rispondere di conseguenza e questa abilità è fondamentale quando, per esempio, si vede un pallone senza però sentire il rumore del tiro.

“Suggeriamo che queste differenze derivino dalla natura idiosincratica del ruolo del portiere, che pone l’accento sulla loro capacità di prendere decisioni rapide, spesso basate su informazioni sensoriali parziali o incomplete“, si legge nello studio pubblicato su Current Biology e guidato da Michel Quinn, un ex portiere e figlio di Niall Quinn, a sua volta ex giocatore della nazionale irlandese.

Questo articolo è apparso originariamente su Wired en español.

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