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Poi si entra nel vivo con la parte nota della storia: il desiderio di creare la vita, un uomo ricco che finanzia l’impresa, i fulmini, i macchinari, le scintille e alla fine la creatura, ignorante e primitiva all’inizio ma dolce come un bambino e forte come venti uomini. Depresso dal fatto che il risultato della sua creazione sembra non saper pensare, non parla bene e non è all’altezza delle sue aspettative, il barone Frankenstein distrugge tutto. E qui inizia la seconda parte del film, che prosegue la trama ma vista attraverso gli occhi e il punto di vista della creatura, nella sua maturazione in rotta con il padre, come ogni buon adolescente.
Del Toro, in accordo con Netflix, ne ha fatto un film con molta azione: gente che viene lanciata, lupi dilaniati, esplosioni e tutto ciò che si conviene. E la fattura è davvero buona, così come la costruzione di un mondo gotico e un filo steampunk, uno degli ambiti in cui l’immaginazione di Del Toro eccelle. Il problema è che questo è un film senza idee. Prima di tutto senza idee visive: non crea nulla di memorabile, e anche le sue scene madri sono piatte e poco incisive. Ha un grande immaginario gotico ma non ha una visione di come possa modificare la storia. Soprattutto è un film privo di idee narrative valevoli. L’unica, fatta eccezione per l’espediente di raccontare la seconda parte dal punto di vista della creatura, è quella relativa al suo rapporto con la morte.
Chi ha visto il Pinocchio di Del Toro (quello sì un capolavoro) ha già confidenza con la curiosità che il regista nutre per i personaggi che non possono morire e per il rapporto strano che di conseguenza stringono con la morte. Quel film animato era una storia di eccezionale profondità di ragionamento sui molti modi in cui abbiamo a che fare con la morte all’interno di una dittatura che in sé è un regime di morte; questo film invece, nonostante sottolinei più volte (a parole) il fatto che il problema della creatura è di non poter morire e quindi essere costretto a vivere anche quando le persone più care sono scomparse, non riesce mai a convincere di questo dramma. Non parla davvero di morte, ma semmai della fatica ad accettare il lutto, cioè la morte altrui, e di come questo sia ciò che fa compiere alla creatura il passaggio all’età adulta.