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Quanto contano gli applausi nel cinema? L’ultimo caso un po’ strappacuore è quello di Dwayne Johnson alla Mostra del cinema di Venezia 2025: il colossale attore noto anche come TheRock si è sciolto in calde lacrime dopo la presentazione al Lido del suo ultimo film, The Smashing Machine, che ha ricevuto ben 15 minuti di applausi a termine della proiezione in anteprima. Nei giorni scorsi il Frankenstein di Guillermo del Toro ne ha raccolti 13, Il mago del Cremlino di Olivier Assayas con Jude Law 10, Jay Kelly con George Clooney e Adam Sandler per la precisione 8 e mezzo, Father Mother Brother Sister di Jim Jarmush con Cate Blanchett “appena” 5. Ci si chiede quanto abbia senso fare questa specie di countdown dei battiti di mani, eppure a ben vedere nel rutilante mondo del cinema, e soprattutto dei festival di cinema, questo rituale cronometrato ha degli effetti non solo psicologici ed emotivi, ma anche precisamente di marketing, e quindi anche economici. Ed è qualcosa che si ripete puntualmente in ogni kermesse.
Lo avevamo visto per esempio anche al festival di Cannes 2024: allora avevano fatto il giro del web le immagini di Kevin Costner visibilmente commosso, per via della ricezione del pubblico in sala per il suo nuovo film auto-finanziato Horizon: gli spettatori gli hanno concesso una standing ovation di 7 minuti. Non altrettanto bene era andato The Shrouds di David Cronenberg, pur apprezzato dalla critica, che si è fermato a soli 3 minuti e mezzo di ovazione.
La commedia apocalittica diretta da Cate Blanchett Rumours si era presa 4 minuti di standing ovation, quasi 11 minuti erano durati invece gli applausi per The Substance con Demi Moore e Margaret Qualley. 9 minuti sono stati misurati per la standing ovation di Emilia Pérez con Selena Gomez, 6 per Nicolas Cage che mangia animali improbabili in The Surfer, 7 per il controverso ritorno del gigante Francis Ford Coppola con il suo Megalopolis. Si è visto poi come, nella successiva stagione degli Oscar e degli altri awards, in effetti i film con più lunghe standing ovation (The Substance, Emilia Pérez) abbiano fatto breccia nel cuore dei premianti, rispetto agli altri quasi dimenticati. Ma è ovviamente una scienza non oggettiva, dove contano anche strategie commerciali e di visibilità.
“In sala avevamo contato sei minuti e mezzo di standing ovation ma nel tempo in cui sono tornato a Los Angeles erano cresciuti fino a 20”, ha dichiarato Steven Spielberg commentando come i media avessero in fondo “gonfiato” il suo apprezzamento al debutto proprio al festival di Cannes nel 1982, con un certo film intitolato E.t.: L’extraterrestre. A citarlo è l’Hollywood Reporter che l’anno scorso ha dedicato un articolo proprio a questo tema, sottolineando come spesso la durata degli applausi e dell’alzata in piedi sia utilizzata come strumento di marketing da parte dei distributori e degli uffici stampa, ma anche come talvolta si incappi in esagerazioni e numeri più o meno volutamente “gonfiati”. A oggi, oltre all’exploit di Spielberg, si ricordano per esempio ovazioni altrettanto record per Fahrenheit 9/11 di Michael Moore (20 minuti a Cannes 2004), e Il labirinto del fauno di Guillermo del Toro (22 minuti a Cannes 2006).